Concorso Lacos de Catzigare – i palmenti rupestri di Ardauli.

Di Cinzia Loi


Il paesaggio di Ardauli, nella regione storica del Barigadu, è dominato da dolci colline dove prosperano l’oliveto e il vigneto lavorati ancora con metodi tradizionali; in queste vigne, in cui la vite è allevata ad alberello e l’aratura avviene ancora con l’asino, si coltivano decine di uve differenti: Bovale Sardo, Bovale di Spagna, Moscatello, Semidano, Vermentino, Nasco, Barbera Sarda, ecc.


Il vino bianco, ottenuto da uve Nuragus nella misura non inferiore all’80% (chiamato ad Ardauli Mravasia), era conosciuto ed apprezzato in tutta l’isola. Fino agli anni ’50 del Novecento anche l’allevamento di viti su sostegni vivi (quali querce, bagolari, lecci, frassini) era diffusissimo, soprattutto lungo i corsi d’acqua e i confini di proprietà.
Questo territorio è risultato particolarmente ricco di palmenti rupestri, chiamati qui lacos de catzigare (vasche per la pigiatura), alcuni dei quali utilizzati fino ad epoca recente. La tipologia più comune, scavata nella roccia affiorante, è costituita da un sistema di due vasche comunicanti attraverso un foro o un’apertura a canaletta. Parte di questi manufatti sono stati censiti e catalogati nel corso di recenti indagini archeologiche.


Per proseguire il lavoro di ricerca, l’associazione archeologica Paleoworking Sardegna ha proposto un modo rapido e proficuo: un concorso fotografico sui lacos de catzigare più significativi e meglio conservati del territorio comunale.
I concorrenti hanno partecipato attraverso l’invio di due fotografie su uno o più palmenti; l’unico requisito richiesto ai partecipanti è stato l’invio di fotografie relative a palmenti ricadenti nei terreni di loro proprietà, così da evitare sconfinamenti incauti, ma anche per attuare una ricerca più capillare e fruttuosa.


Il concorso ha permesso di censire 64 palmenti rupestri, 32 dei quali estranei al patrimonio già catalogato. Localizzare manufatti non ancora conosciuti era l’obiettivo primario del concorso che, attraverso il coinvolgimento dei proprietari dei fondi, ha permesso di abbattere i tempi di una tradizionale ricerca sul campo.
Grazie alla loro individuazione si potranno organizzare azioni di tutela e valorizzare. Questo inestimabile patrimonio rupestre è, infatti, a rischio di scomparsa per via dell’abbandono delle campagne e per il conseguente venir meno degli stili di vita tradizionali che hanno causato in questi ultimi anni l’obliterazione e/o la distruzione di molti di essi. Per ricostruirne il contesto storico di riferimento e per individuarne la cronologia, saranno necessari, invece, scavi archeologici e analisi chimiche.
Una giuria di esperti nei settori enologico e archeobotanico, ha scelto i palmenti rupestri più significativi. Il palmento di Funtana Leiosa, immortalato da Luana Sanna, è risultato il primo classificato, mentre al secondo e terzo posto si sono classificati rispettivamente gli impianti di Monteddu, della famiglia Loi-Manias-Montalto e di Monte Zuri fotografato da Giovanni Urru.
Gli autori degli scatti dei primi tre lacos classificati verranno presto premiati con vini pregiati e pubblicazioni a tema in una cerimonia prevista in primavera.
L’evento è patrocinato dall’Associazione Città del Vino, dall’Istituto Sardo di Scienze, Lettere e Arti, da Agris Sardegna e da Iter Vitis.

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