Il biologico italiano scoppia di salute.


Il biologico italiano scoppia di salute. Ad affermarlo sono i dati elaborati dal SINAB (Sistema di Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica) per il Mipaaf relativi all’anno 2019.
I numeri del biologico italiano

Lo studio, evidenzia che l’agricoltura biologica in Italia, al 31 dicembre 2019, si caratterizza per una superficie coltivata di quasi 2 milioni di ettari e per un numero di operatori che supera le 80 mila unità. Dal 2010 l’incremento registrato è di oltre 879 mila ettari e 29 mila aziende agricole.
La superficie biologica raggiunge quota 1.993.236 ettari segnando, rispetto al 2018, un +35 mila ettari con una crescita contenuta al 2%.
Dal 2010 il numero degli operatori è cresciuto del 69%, mentre gli ettari di superficie biologica coltivata sono aumentati del 79%. L’incidenza della superficie biologica nel nostro Paese ha raggiunto nel 2019 il 15,8% della SAU nazionale, e questo posiziona l’Italia di gran lunga al di sopra della media UE, che nel 2018 si attestava al 8,0%.

Le produzioni biologiche

Dall’elaborazione deti del SINAB (Sistema di Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica) viene fuori che per l’agricoltura italiana, il livello compositivo delle superfici resta stabile e definito dai 3 orientamenti produttivi che pesano sul totale per oltre il 60%: Prati pascolo (551.074 ha), Colture foraggere (396.748 ha) e Cereali (330.284 ha).

Oliveti e vigneti

A queste categorie seguono, per estensione, le superfici biologiche investite a Olivo (242.708 ha) e a Vite (109.423 ha). Dal confronto con il 2018, la variazione di superficie degli orientamenti produttivi considerati risulta stabile (con incrementi intorno all’1%) per le Colture foraggere e i Cereali, mentre i Prati pascolo e l’Olivo crescono del 2% e la Vite del 3%.

Tra i Seminativi e le Colture ortive

Tra i Seminativi e le Colture ortive, che aumentano di poco più di 12 mila ettari, si confermano in crescita le coltivazioni biologiche a Grano duro (6%); Orzo (3%) e Riso (12%); Girasole (26%) e Soia (15%); Erba medica (8%); Pomodori (21%) e Legumi (13%).

Colture permanenti

Passando all’esame delle Colture permanenti, esse raggiungono complessivamente quota 480.459 ettari nel 2019. Rispetto al 2018, sono da rilevare la sostanziale stabilità delle categorie dei Piccoli frutti e della Frutta in guscio.

Frutta da zona subtropicale

Mentre continua la corsa della Frutta da zona subtropicale (in particolare dei Fichi e dei Kiwi, che crescono rispettivamente di 102 e di 652 ettari).

Gli Agrumi

Le superfici ad Agrumi tornano ad aumentare, dopo la diminuzione del 2018, di un +3%.

Pere e mele

Infine, nonostante la flessione (-3%) del gruppo della Frutta da zona temperata, sono interessanti gli incrementi registrati dalle Mele e dalle Pere, le cui estensioni raggiungono rispettivamente gli 8.235 e 2.788 ettari.

L’analisi della distribuzione geografica

L’analisi della distribuzione geografica conferma che, anche nel 2019, il 51% dell’intera superficie biologica nazionale si trova in 4 Regioni: Sicilia (370.622 ha), Puglia (266.274 ha), Calabria (208.292 ha) ed Emilia-Romagna (166.525). Rispetto al 2018, la variazione risulta in calo segnando un – 4% in Sicilia mentre è positiva per Puglia, Calabria ed Emilia-Romagna, nelle quali le superfici crescono dell’1%, del 4% e del 7%. Altri incrementi consistenti riguardano le crescite registrate nella Provincia Autonoma di Trento (31%), in Veneto (25%) e in Umbria (8%).

Gli operatori biologici

Gli operatori biologici in Italia superano nel 2019 quota 80 mila unità: sono entrati nel sistema di certificazione per l’agricoltura biologica circa 1600 nuovi operatori per un totale di 80.643 imprese registrate (+2% rispetto al 2018). Di questi, 58.697 sono produttori
esclusivi (aziende agricole) che rispetto all’annualità precedente registrano una lieve flessione (-0,4%); 9.576 preparatori esclusivi che incrementano del 3% il segmento; 11.843 produttori/preparatori che aumentano del 14%; e 27 importatori totali con una crescita dell’12%. Le Regioni che registrano il maggior numero di operatori sono la Sicilia (10.596 unità), la Calabria (10.576 unità) e la Puglia (9.380 unità). Nonostante questo primato, le due Regioni con il maggior numero di operatori registrano nel 2019 un calo percentuale rispetto al 2018, mentre nuove Regioni si affacciano al biologico con incrementi interessanti: è il caso delle Marche (+32%), del Veneto (+13%), del Lazio (+8%) e dell’Umbria (+6%) (Tabella 6 e Grafico 3). E se l’Umbria conferma nel 2019 una crescita già iniziata nel 2018 (+8%), Regioni come l’Emilia-Romagna (+2%), la Lombardia (+3%) e la provincia Autonoma di Bolzano (+4%) confermano il trend positivo che avevano fatto registrare nel 2018.

La categoria degli importatori di prodotti biologici

La categoria degli importatori di prodotti biologici comprende gli operatori che svolgono attività di importazione sia in modo esclusivo che unitamente ad attività di produzione e/o preparazione. L’importazione di prodotti biologici da Paesi terzi è disciplinata dal Reg. (CE) n. 834/07, dal Reg. (CE) n. 889/08 e dal Reg. (CE) n. 1235/08 e da loro successive modifiche ed integrazioni.

Distribuzione regionale degli importatori

Relativamente alla distribuzione regionale degli importatori, la maggior concentrazione di tale attività è prerogativa delle Regioni del Centro-Nord, con il 68% degli operatori che operano in 5 Regioni di tale area italiana.

L’elaborazione dei dati di superficie per aree

L’incidenza dell’agricoltura biologica rispetto ai dati nazionali (ISTAT SPA 2016) indica che, sul totale della superficie coltivata in Italia, il biologico arriva a interessare il 15,8% della SAU nazionale. L’elaborazione dei dati di superficie per aree geografiche mostra che, in Italia, ogni 100 ettari di SAU sono biologici: 5,7 ettari nel Nord-Ovest; 10,1 ettari nel Nord-Est; 21,0 ettari nel Centro; 20,4 nel Sud e 18,7 ettari nelle Isole.
Le aziende agricole biologiche in Italia rappresentano il 6,2% delle aziende agricole totali. Nord-Est, Sud e Isole si discostano da tale valore con una differenza massima del più e meno lo 0,5%, mentre il valore di incidenza raggiunge il 4,8% nel Nord-Ovest e l’8,2% nel Centro del Paese.

I dati relativi alla dimensione media aziendale

I dati relativi alla dimensione media aziendale nel 2019 indicano che la dimensione media di un’azienda biologica in Italia raggiunge quota 28,3 ettari, a fronte del dato nazionale di 11,0 ettari. Anche per il 2019 il valore resta elevato, a causa della differenza tra le incidenze nazionali delle superfici (15,8%) e delle aziende agricole (6,2%) biologiche. A livello delle aree geografiche, il divario maggiore interessa, come prevedibile, le aree del Centro e delle Isole, mentre risulta più contenuto, ed inferiore al 28,3 nazionale, a Sud, nel Nord-Ovest e nel Nord-Est del Paese in cui la superficie media di un’azienda biologica è rispettivamente di 24,6, di 23,2 e di 22,2 ettari. È continuato nel 2019 lo sviluppo del settore dell’acquacoltura biologica: è infatti proseguita la crescita degli operatori coinvolti, che hanno raggiunto le 59 unità, con un incremento dell’11% rispetto all’anno precedente.

La distribuzione territoriale delle aziende

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale delle aziende, le Regioni del Centro-Nord raccolgono circa il 75% delle aziende nazionali, la cui attività è caratterizzata da mitilicoltura e molluschicoltura. Le Regioni del Centro-Sud, invece, vedono prevalentemente un’attività di allevamento di spigole ed orate.

Gli aspetti zootecnici

Rispetto al 2018, in Italia, il numero di capi al 31 dicembre 2019 della zootecnia biologica risulta contenuto al 4% per i Bovini, mentre è in calo con valori percentuali negativi di oltre il 10% per Suini, Ovini, Caprini ed Equini, registrando una diminuzione del contingente di 7.858, 84.187, 10.637 e 2.716 unità, rispettivamente. Nello stesso periodo di riferimento, è positiva, invece, la tendenza per il comparto avicolo in cui il pollame cresce del 14% raggiungendo quasi 4 milioni di capi. In possibile evoluzione, infine, la produzione di miele biologico grazie al numero di arnie che, con una crescita del 10%, tocca quota 182.125 unità.

La distribuzione degli operatori biologici

Quanto agli operatori, le Regioni che ne registrano il maggior numero di operatori sono la Sicilia (10.596 unità), la Calabria (10.576 unità) e la Puglia (9.380 unità). Nuove Regioni si affacciano al biologico con incrementi interessanti: è il caso delle Marche (+32%), del Veneto (+13%), del Lazio (+8%) e dell’Umbria (+6%). E se l’Umbria ha confermato nel 2019 una crescita già iniziata nel 2018 (+8%), Regioni come l’Emilia-Romagna (+2%), la Lombardia (+3%) e la Provincia Autonoma di Bolzano (+4%) confermano il trend positivo che avevano fatto registrare nel 2018.

Mercato interno del biologico

L’evoluzione positiva del settore è confermata anche dai dati sul mercato interno del biologico; secondo le stime ISMEA gli acquisti di prodotti certificati sono aumentati di un +4,4% nel corso dell’ultimo anno, superando i 3,3 miliardi di euro (Ho.re.ca e Green Public Procurement non compresi) e facendo salire l’incidenza complessiva del biologico sul carrello della spesa degli italiani al 4%. La situazione emergenziale, unita ad un fenomeno già evidente da qualche anno, conferma la spinta che la GDO sta imprimendo al mercato biologico mostrando, durante il lockdown, un incremento delle vendite nei supermercati del +11%. I numeri descrivono una situazione eterogenea lungo lo stivale, che vede il Nord del Paese esprimere oltre il 63% del valore e le aree del Sud spendere meno e in altri canali (il 77,5% della spesa bio stimata al Sud passa attraverso il canale tradizionale). Gli italiani continuano a premiare il biologico nel fresco (frutta +2,1% e ortaggi +7,2%) e in alcune categorie specifiche, da tempo portabandiera del settore (es. uova +9,7%). Durante il lockdown tutti gli ingredienti necessari per la produzione casalinga di pasta o pizza sono andati a ruba (farine bio +92%, base e pizze +63%).

Importazione di prodotti biologici da Paesi terzi

Relativamente alle importazioni di prodotti biologici da Paesi terzi, nel 2019 si è registrato un incremento complessivo del 13,1% delle quantità totali rispetto al 2018. I cereali, le colture industriali e la frutta fresca e secca sono le categorie di prodotto biologico più importate, con un’incidenza rispettivamente del 30,2%, 19,5% e 17,0%. Tale crescita è da attribuire alla sostanziale tendenza positiva dovuta all’aumento del volume importato per la categoria di colture industriali (+35,2%), di cereali (16,9%) e per la categoria che raggruppa caffè, cacao, zuccheri, tè e spezie (+22,8%).

Biologico e Greeen Deal

Complessivamente lo stato del biologico italiano mostra che ci sono ampi spazi per dare modo alle imprese agricole e della trasformazione di essere competitive nello sviluppo di attività produttive ed economiche, in chiave di aggregazione, innovazione ed internazionalizzazione. Il Ministero è impegnato ad avviare le necessarie consultazioni al fine di individuare gli obiettivi strategici previsti dal “Farm to Fork” ed individuare le risorse che saranno messe a disposizione per i diversi comparti del biologico.
I numeri italiani ci consentono di allinearci con la grande sfida europea del Green Deal, il “percorso green” per raggiungere, entro il 2050, la neutralità climatica nel nostro continente, ma anche con la strategia “Farm to Fork”, l’ambiziosa sfida che vede l’agricoltura protagonista nel suo contributo alla riduzione del 50% dell’utilizzo dei fitofarmaci di sintesi e degli antibiotici, nonché del 20% dei fertilizzanti chimici.
L’ obiettivo per l’agricoltura biologica è raggiungere, come minimo, il 25% della SAU agricola. Un quadro in cui l’Italia non solo sta già facendo la sua parte, ma in cui la reputazione del nostro Paese per la qualità dei prodotti e la serietà dei controlli è già ben alta a livello europeo, come dimostrano appieno i dati relativi al nostro settore del biologico nel 2019. Naturalmente sul futuro del biologico in Europa dipenderà delle scelte politiche che i Paesi europei intenderanno prendere condizionati dalla guerra tra Russia e Ucraina.