dal vino all’assenzio dei Romani al Vermouth di Torino IGP
Il più celebre tra i vini aromatizzati italiani è senz’altro il Vermut, o Vermouth secondo la dizione di origine francese, termine che deriva dal tedesco Wermut e si riferisce al suo principale aromatizzante l’Artemisia absinthium. Nota con il nome comune di Assenzio vero o Assenzio romano, appartiene al genere delle Asteracee. E’ una pianta erbacea perenne, conosciuta per gli usi medicamentosi, in particolare per le finalità diuretiche e toniche, nonché in campo liquoristico per le particolari note amare e aperitive in grado di stimolare la secrezione gastrica, con conseguente stimolo dell’appetito.
Nel V secolo a.C. già Ippocrate, padre della medicina, usava preparare un vino aromatizzato a base di Artemisia e Dittamo con virtù digestive e tonificanti, oltre che curative. Citazioni del vino all’assenzio si ritrovano anche in Apicio, cuoco della Roma imperiale, e il vinum absynthites è riportato nel trattato medievale del medico e alchimista Arnaldo da Villanova, il quale lo impiegava come vino medicinale per curare numerosi disturbi tra cui quelli digestivi ed intestinali.
Durante il Medioevo e nel Rinascimento alle preparazioni di vini medicinali si affiancano quelle liquoristiche ed il Piemonte si afferma nella preparazione del Vermut già dal Quattrocento con il perfezionarsi dell’arte della distillazione.
Leonardo Fioravanti, medico bolognese, nel 1678 così descriveva le virtù del Vermut: «…Facilita la digestione, pulisce il sangue, dà un buon sonno e un colore sano alla pelle. Il suo amaro eccita le funzioni biliari, riconforta il fegato, fa lavorare meglio le reni e rallegra il cuore».
A partire dal Settecento Torino iniziò ad ospitare opifici, liquorerie e farmacie e nel 1736, nel codice farmaceutico Pharmacopoea Taurinensis, era riportato il Vinum absinthites, vino medicinale composto dalle sommità fiorite dell’assenzio e dalle radici del calamo aromatico. Sempre nel 1736 si costituì l’Università dei Confettieri e Liquoristi della Città di Torino, una confraternita di arti e mestieri che riuniva tutti i produttori di liquori, che oltre a mantenere viva la tradizione contribuì a creare nuove ricette di vino aromatizzato e a produrre i primi Vermouth di Torino in bottiglia, realizzando un prodotto dolce, balsamico e conservabile.
La vera e propria nascita del Vermouth moderno risale, esattamente, al 1786 ed a creare la prima ricetta fu Antonio Benedetto Carpano, erborista e distillatore di Biella trasferitosi a Torino. Carpano seppe trovare il perfetto equilibrio tra vino bianco, alcool etilico, zucchero e un’infusione segreta, composta da una trentina di erbe e spezie. Il successo del vino aromatizzato arrivò a metà Ottocento con l’esportazione in Francia e in Spagna, e successivamente anche in America Latina e negli Stati Uniti. Erano ben quarantadue i venditori di distillati e trenta i produttori di liquori a Torino che contribuirono, sul finire del XIX secolo, a portare prestigio e ricchezza nel capoluogo piemontese. Nacque così l’Ora del Vermouth, l’immancabile appuntamento per aperitivo negli eleganti bar e salotti italiani. Quando poi prese piede, anche in Italia, l’arte della miscelazione il Vermouth entrò nelle ricette dei cocktail più famosi del mondo, fino all’immancabile happy hour di oggi.
Vermouth di Torino
Risale al 1908 il primo disciplinare del Vermouth di Torino, esso prevedeva rigide norme sull’uso delle erbe e delle spezie e sulla provenienza del vino. Quasi un secolo dopo, nel 2017, venne fondato l’Istituto del Vermouth di Torino, un apposito organismo volto a promuovere la conoscenza del nome, del prodotto, e a proporre nuovi modi di berlo al fine di avvicinare il pubblico ed ottenere, il 22 marzo 2017, il riconoscimento dell’Indicazione Geografica (IG) nella categoria bevande spiritose. Tra i soci fondatori dell’Istituto figuravano aziende e marchi storici che rappresentavano i maggiori produttori: Berto, Bordiga, Del Professore, Carlo Alberto, Carpano, Chazalettes, Cinzano, Giulio Cocchi, Drapò, Gancia, La Canellese, Martini & Rossi, Sperone, Vergnano, Tosti, Calissano, Casa Martelletti e Peliti’s.
Nel 2019 è stato fondato, a tutela del prodotto, il Consorzio del Vermouth di Torino il cui obiettivo prioritario è la verifica del rispetto dei disciplinari di produzione e il monitoraggio sul mercato. Attualmente sono ben diciassette le aziende aderenti al Consorzio.
La produzione del Vermouth di Torino
Le vere protagoniste del Vermouth di Torino sono le piante che appartengono al genere Artemisia ed in particolare le specie
Artemisia e Artemisia pontica
coltivate o raccolte in Piemonte. La base è composta da vino bianco, rosato o rosso, aromatizzato con un blend di estratti naturali ottenuti da erbe e spezie. La dolcificazione può essere data da zucchero, mosto d’uva, zucchero caramellato o miele. Il colore ambrato si ottiene, esclusivamente grazie all’aggiunta del caramello. Requisito fondamentale per la produzione del Vermouth di Torino è la qualità del vino: bianco o rosso, deve avere struttura e acidità per sorreggere gli aromi e bilanciare lo zucchero. Una volta selezionata la base alcolica, costituita per almeno il 50% da vino piemontese, vengono aggiunte le erbe aromatiche coltivate in Piemonte, precedentemente messe in infusione in una soluzione idroalcolica. Tra le numerose erbe figurano oltre alle artemisie (Assenzio romano, assenzio gentile e assenzio pontico): Achillea millefoglie, Calamo aromatico, Camomilla romana, Cardo santo, Coriandolo, Iperico, Issopo, Maggiorana, Melissa, Menta piperita, Santoreggia, Salvia sclarea, Salvia officinale e Tarassaco.
Il mix di erbe, secondo le rispettive ricette aziendali, viene miscelato con lo zucchero e il vino, lasciato maturare in vasche di affinamento. Successivamente il vino aromatizzato viene filtrato e si procede con l’imbottigliamento. Il grado alcolico minimo di questo vino speciale è di 17%. In base al colore il Vermouth di Torino si presenta: bianco, ambrato, rosato e rosso; in base alla quantità di zucchero è classificato come: extra secco o extra dry se il quantitativo di zuccheri è < 30 g/l; secco o dry < 50 g/l e dolce > 130 g/l.I
I cocktail più famosi a base di Vermouth
Il vino aromatizzato Vermouth è da gustare liscio, ben raffreddato, o miscelato in cocktail meravigliosi, come ad esempio:
Negroni
- il Negroni, un cocktail dal tipico colore rosso chiaro, a base di vermut rosso, bitter Campari e gin;
l’Americano
- l’Americano uno dei cocktail pre dinner più famosi e apprezzati al mondo, l’aperitivo per eccellenza. La cui ricetta è: bitter, vermut rosso ed una spruzzata di soda;
il Manhattan
- il Manhattan, uno dei più famosi cocktail a base di whisky, servito come aperitivo. Si narra che l’inventore fosse un barman del Manhattan Club di New York, da cui il nome, che lo avrebbe prepparato per la prima volta nel 1874.
Per approfondire:
- Giusi Mainardi, Pierstefano Berta, a cura di, Il grande libro del vermouth di Torino. Storia e attualità di un classico prodotto piemontese, Editore OICCE, Canelli (CN), 2018
L’affascinante e complesso itinerario della grande storia del Vermouth, dai primi vini all’assenzio e dalla nascita settecentesca del Vermouth in Piemonte, fino al grande sviluppo del 1900. La storia è ripercorsa da Giusi Mainardi e Pierstefano Berta, più volte premiati per la loro attività di storici del vino e membri di prestigiose Accademie.
- Un video dedicato al Vermut di Torino guidati dallo scrittore Fulvio Piccinino:
Sociologa, da circa trent’anni sommelier, ha conseguito nel 2009 il master in Cultura dell’alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche. Ha svolto attività di relatrice nei corsi di formazione di numerose associazioni di sommellerie e sin dal 2006 collabora con EPULAE Accademia Enogastronomica Internazionale, di cui è stata, tra l’altro, cofondatrice e vicepresidente nazionale. Ha rivestito il ruolo di Consigliere nazionale di Slow Food Italia e di collaboratrice della guida Osterie d’Italia, menrtre permane il suo contributo alla guida dei vini Slow Wine e l’attività di relatrice nei Master of Food®. Nel 2008 ha ideato l’originale manifestazione a carattere nazionale: Laghidivini, il festival dei vini prodotti sulle sponde dei laghi italiani, che si tiene annualmente sul lago di Bracciano (RM). Da circa dieci anni si occupa di gastronomia storica, con particolare riguardo al Ducato di Bracciano e ai vini medicinali. Nel 2018 ha pubblicarto il suo primo libro, un saggio sulla gastronomia e la cosmesi rinascimentale (Alla corte di donna Isabella De’Medici Orsini. Racconti e ricette-YCP) e ha dato vita al suo blog personale www.sandraianni.it. Tra le varie esperienze figurano numerosi interventi in convegni a carattere nazionale, membro di giuria in competizioni per bartender, concorsi enologici e in commissioni di valutazione di eventi di ricostruzione storica. Collabora, sin dal 2007 come articolista alla web magazine Food & Wine Epulae News per il quale dall’autunno scorso cura una rubrica dedicata alle piante eduli. Recentemente con la Web TV si.Channel.tv ha avviato un progetto di webinar sulla storia della gastronomia.