E intanto nel 2020 la produzione è cresciuta
Nel tragico anno appena trascorso, tragico per sanità, economia e stato sociale, la Robiola di Roccaverano DOP ha vissuto a fasi alternate passando dal timore di vedere anni di lavoro del proprio mondo, uomini e donne, andare in fumo, fino al constatare con soddisfazione l’aumento della produzione. Andiamo con ordine. La paura del primo lockdown, quando con il fermo dei ristoranti e dei mercati rionali, buona parte delle forme di formaggio sono rimaste invendute nei caseifici; poi la scelta di affrontare la situazione rivolgendosi direttamente ai consumatori con un messaggio chiaro e veritiero sul momento negativo. E’ stato infatti in quel preciso istante che il Consorzio di Tutela ha deciso di chiedere un aiuto ai consumatori che hanno risposto in modo esemplare con grande affetto e di questo gliene siamo ancora grati. Si sono attivati in centinaia, chi singolarmente, chi organizzando gruppi d’acquisto ma tutti con l’intento di non farsi mancare un prodotto di primissima qualità. Parallelamente il Consorzio e i singoli produttori non hanno perso tempo nell’organizzarsi con le vendite on line, porta a porta, con l’ausilio del nuovo sito internet garantendo le consegne a chi richiedeva il formaggio. Una scelta che ha portato i suoi frutti, sicuramente inaspettati ma non fortuiti e di sicuro tangibili, veritieri come l’affetto che circonda il nostro prodotto e ci rende orgogliosi e riconoscenti . Le vendite sono così tornate in poco tempo ad essere ai livelli del pre lockdown e la domanda aumentata. Con la domanda anche la produzione ha avuto un ritocco al rialzo passando dalle 490.389 forme – pari a 148.128 Kg di formaggio – del 2019 alle 506.254 – pari a 151 tonnellate di prodotto – del 2020 con un aumento del 3,4% circa. Una buona notizia che non rappresenta solo una piccola luce nell’oscurità della pandemia ma che può tramutarsi in un ottimo stimolo per i produttori attuali e per gli eventuali futuri, continuando a realizzare un prodotto artigianale simbolo di un territorio che necessita attenzione e continua promozione per le sue peculiarità straordinarie. Oltre al dato positivo sull’aumento delle forme in questi giorni al Consorzio si discute per rivedere alcuni passaggi del disciplinare di produzione. Il tema portante è: continuare a chiamarla “Robiola di Roccaverano DOP” o denominarla con un termine più netto e preciso come “Roccaverano DOP”? E’ necessario prendere atto che i tempi cambiano, cambia il modo di comunicare, cambiano i consumatori e l’identificazione di un prodotto è indiscutibilmente sempre più doverosa per evitare facili e dannose confusioni. Non si dimentichi che un tempo la Robiola era il frutto del lavoro di chi aveva qualche capra e poco latte, si realizzava un prodotto, senza ricetta alcuna, che serviva più che altro al sostentamento famigliare; poi venne il tempo del Caseificio Sociale che produceva Robiole principalmente con latte vaccino (fino all’85% del contenuto così come il disciplinare del 1979 permetteva di fare). Con la scomparsa del Caseificio Sociale e la contemporanea rinascita delle produzioni aziendali, si tornò alle origini, all’utilizzo del latte di capra. In quel documento erano marcate alcune imperfezioni che sono state riviste e corrette con il disciplinare del 2000. Intanto sono trascorsi gli anni, oltre quaranta dal riconoscimento della denominazione e più di 20 dall’acquisizione della DOP e oggi la Robiola di Roccaverano DOP come e con quale latte la si produce? E il termine Robiola cosa significa realmente? E’ ancora idoneo? Abbiamo consultato la famosa enciclopedia Treccani e sul suo sito on line e alla voce Robiola (robiòla in Vocabolario – Treccani) abbiamo riscontrato quanto segue:
robiòla s. f. [dal nome della cittadina di Robbio nella Lomellina, in provincia di Pavia]. – Formaggio, chiamato anche robiolina, di pasta molle, non fermentato e poco stagionato, specialità della Valsàssina, preparato con latte intero di vacca e posto in commercio in inverno, in forme quadrate o tonde di vario peso. La r. di Roccaverano (prodotta nelle province di Alessandria e Asti) contiene, oltre a latte vaccino, latte ovino e caprino. ◆ Il dim. masch. robiolino indica invece un formaggio molle di fabbricazione lombarda o piemontese, in forme cilindriche di 50-100 grammi, di latte di vacca solo o misto con quello di pecora o di capra, da consumarsi fresco.
Qualcosa dunque non è compatibile con la Roccaverano DOP di oggi visto che la si produce ormai con latte crudo di capra in purezza (negli ultimi 10 anni le forme miste hanno significato meno dell’1% della produzione totale), siero o latte innesto autoctono non esterno all’azienda di produzione, animali al pascolo durante i mesi preposti (da marzo a novembre), nessun OGM e alimentazione animale prodotta sul territorio per almeno per l’80%. Identificare al meglio il prodotto per non essere confusi con le tante Robiole che in Italia si producono, moltissime ormai anche a marchio GDO, tutte indubbiamente buone ma con caratteristiche che nulla hanno a che vedere con la Robiola di Roccaverano DOP che esprime una sua definita unicità. La Roccaverano è la Roccaverano e non va confusa. Confusa a livello mediatico, è ancora successo di recente su di una rivista nazionale, ma soprattutto non va confusa da parte di quel consumatore che desidera assaporarne le sue caratteristiche che la rendono uno dei formaggi più apprezzati d’Italia. Identificare con un nome chiaro, privo di doppi sensi, un prodotto e una terra significa dare valore ad entrambe, pensiamo ad altre produzioni casearie come l’Asiago, il Gorgonzola, il Ragusano e per rimanere in Piemonte si faccia riferimento al Castelmagno, al Murazzano e ne si potrebbero citare altri. L’eventuale modifica al disciplinare non andrebbe a toccare il metodo di lavorazione e, anzi, con la proibizione di utilizzare anche gli NBT – i nuovi OGM – si vuole rafforzare e ribadire quel principio di precauzione che ha fatto già scegliere di proibire gli OGM, come previsto dall’attuale disciplinare, e che ha fatto diventare il nostro formaggio all’avanguardia di una decina di DOP italiane che hanno indicato come le biotecnologie invasive non servano per continuare a produrre un prodotto genuino, buono e rispettoso della biodiversità del lavoro contadino. Le potenziali modifiche del disciplinare andrebbero poi a sanare la zona di produzione del Comune di Cartosio, oggi interessato solo in parte, eliminando così un’altra piccola confusione ed inserendolo completamente il comune della Valle Erro nella zona di produzione. In poche parole escludendo il termine Robiola si darebbe una maggiore valenza al formaggio e si andrebbe ad evidenziare che non parliamo di forme quadrate, di latte vaccino, di robiole prodotte in più zone del bel Paese in svariate modalità: dalla più artigianale fino alla sfera industriale. La Roccaverano DOP ha un solo metodo di produzione che rispetta il disciplinare in tutta la filiera produttiva, è fatta unicamente con latte di capra, è rotonda, assolutamente artigianale ed apprezzata dai grandi gourmet sia fresca che stagionata. Non siamo certo noi i giudici dei tempi che cambiano ma non possiamo non prenderne atto e comportarci di conseguenza: oggi i mezzi di comunicazione sono tanti e differenti, le nuove tecnologie, le piattaforme digitali, i social, il linguaggio del mondo giovanile si esprime con altri termini, altre forme, altre velocità. Quel mondo che altro non è che i consumatori dei prossimi anni. La Roccaverano DOP, ovvero quel delizioso formaggio piemontese che è espressione autentica di un territorio e che miscela perfettamente la serietà dei produttori con il vero piacere per il palato.
ROCCAVERANO DOP? Parliamone.
Per il Consorzio di Tutela della Robiola di Roccaverano DOP
Fabrizio Salce – 338.3071239
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Membro UNAGA del comitato tecnico scientifico
Direttore Responsabile
Nell’ottobre del 2006 nasce a Bracciano con sede legale in Roma “ Epulae Accademia Enogastronomica Internazionale” e con essa Epulae News il nostro giornale quotidiano online.
Epulae nel 2009 come previsto per legge sposta la sede legale a Cagliari in quanto viene riconosciuta dalla Repubblica Italiana con DPR 361/2000 e iscritta in data 22 giugno 2009 nel registro delle persone giuridiche negli uffici del Governo della Prefettura di Cagliari.
L’associazione Epulae è stata costituita allo scopo di promuovere i prodotti più veri, diffondere la cultura enogastronomica e difendere così i prodotti più tipici della nostra agricoltura, sempre più a rischio di estinzione, in quanto minacciata dai prodotti massificati, geneticamente modificati e per questo economicamente più vantaggiosi.
Lavorare per la qualità costa fatica e denaro, ma la passione per l’enogastronomia e per la nostra cultura ci sostiene e speriamo sostenga i tanti produttori e chef che hanno scelto questa strada.
E’ proprio in questo mondo sempre più globale che l’attenzione per il “particolare”, il piccolo, il territorio diventa importante, soprattutto per difendere e far conoscere le identità locali, fonti insostituibili di crescita culturale.
Qualcuno potrà pensare che ci siano anche troppe associazioni che operano in questo settore, ma Epulae non è nata per mettersi in competizione con le altre, è più una variante nuova del classico concetto di associazione, è un grande ombrello sotto il quale trovano casa tante sezioni ognuna dedicata ad un settore specifico del grande mondo dell’enogastronomia. Esperti di vino, birra, distillati, acque minerali, miele, olio, salumi, formaggi, caffè, specialisti in scienze dell’alimentazione, chef, pizzaioli, maestri dell’arte bianca, pasticcieri, gelatieri, ecc., hanno all’interno di Epulae il proprio spazio d’incontro e di confronto, uno spazio che si espande e diventa un grande crogiuolo culturale dove le esperienze di ognuno e dei vari gruppi si fondono in un movimento unico di sostegno e di divulgazione della cultura enogastronomica. Epulae è il nome latino che identifica i cibi. E proprio nell’antica Roma, in occasione di feste religiose, ad alcuni cittadini romani veniva riconosciuto il diritto di banchettare pubblicamente in tavole imbandite dei migliori cibi e bevande, sotto la guida di un collegio sacerdotale.
Proprio come allora, anche oggi, nella nostra associazione ci avventuriamo alla scoperta dei cibi e delle bevande della nostra terra, sotto la guida dei maestri di Epulae, per conoscere, imparare e cogliere gli aspetti sensoriali e culturali dei cibi. Anche il simbolo della nostra associazione racchiude, in una visione artistica, i concetti cari ai soci fondatori ed ai nostri membri. L’anfora romana, recipiente per il trasporto delle derrate alimentari e del vino, viaggiava sulle navi per giungere alle tavole dei nobili commensali, portando con loro un carico di novità, cultura ed esotismo dal luogo di produzione alle tavole di Roma. Un modo per scambiare saperi e sapori e per unire sulle tavole i quattro angoli dell’Impero. Ed è sopra l’anfora, per i romani simbolo del corpo contenitore dell’anima, che si disegnano le onde del Mare Nostrum, il Mediterraneo, grande via di comunicazione del mondo antico e che ancora oggi rappresenta il luogo d’incontro di mondi e culture diverse, che sulle sue sponde si affacciano, si confrontano e si fondono. Ed è nelle terre che si affacciano sul Mediterraneo che sono venute a contatto le culture del mondo antico, luoghi di incontro dove sono nate tradizioni enogastronomiche uniche e spettacolari, fusione di gusti e di sapori che sulla tavola raccontano storie di scontri ed incontri tra il nord ed il sud del Mediterraneo.
Percorrendo lo stivale dal sud al nord, si scopre una tradizione enogastronomica ricca di sapori, elaborata ed arricchita nei millenni dai popoli che hanno attraversato l’Italia. Profumi e sapori che si incontrano e si fondono, dagli appennini alle alpi, raccontando storie e sapori di culture diverse. L’associazione è nata quindi con lo scopo di promuovere e diffondere la cultura alimentare, enologica, gastronomica e dell’analisi sensoriale attraverso attività di promozione, formazione, editoriali e turistiche.
L’associazione è presente con delegazioni o referenti nel Lazio, Veneto, Sardegna, Sicilia, Puglia, Calabria, Lombardia, Liguria, Piemonte, Toscana, Umbria e sedi estere negli Stati Uniti, Argentina, Nuova Zelanda Australia, Canada, Svizzera, Danimarca, Francia e Giappone. L’associazione opera suddivisa in sezioni, ognuna delle quali raggruppa uniformemente per competenze gli iscritti. Sommelier-enogastronomi, giornalisti di enogastronomia, analisti sensoriali degli alimenti, esperti degustatori, esperti in scienze dell’alimentazione, esperti in storia dell’alimentazione, chef in progress, rural chef pizzaioli, panettieri, pasticcieri, cioccolatieri, gelatieri e barman, che opereranno nelle proprie sezioni, per fare attività di promozione e formazione, organizzando corsi grazie ai quali i nostri associati potranno contare su opportunità di formazione continua, ampliare il proprio bagaglio di competenze, confrontarsi con i colleghi e acquisire attestati di qualificazione che ne certifichino le competenze teorico-pratiche.
Con questo spirito è nata anche Epulae News “Wine and Food Magazine”, la testata giornalistica online, anche organo d’informazione dell’associazione, attraverso la quale vengono promosse le attività, i corsi di formazione e le iniziative messe in campo dai nostri associati. Il giornale online sarà anche il luogo dove le varie delegazioni potranno promuovere le proprie attività, il territorio ed i prodotti locali. Uno spazio dove i soci potranno parlare delle proprie esperienze, suggerire iniziative e promuovere aspetti particolari della cultura enogastronomica, ma aperto anche ai lettori occasionali che vorranno inviarci il proprio contributo.