
di Fulvio Falbo

Eleonora Siddi Press
Roma è piena di ristoranti. Ma Rosina è qualcosa di diverso. È quel tipo di posto che non solo ti riempie la pancia, ma anche il cuore. Siamo nel cuore della Capitale, tra via delle Grotte e via Capo di Ferro, a un passo da Campo de’ Fiori, eppure appena entri da Rosina ti sembra di essere tornato nella cucina della nonna, dove si chiacchiera mentre bolle il sugo e il pane è ancora caldo di forno.
Il progetto nasce ad aprile 2023 per mano di Giacomo Galliera, Simone Franzon, Francesco Costantini Melchiorri – già volti noti grazie a Clorofilla – e dello chef Gianmarco Iorio. È proprio lui a portare l’anima al locale: la sua infanzia tra pentole e tegami in una trattoria di famiglia a Porta Pia è diventata la base da cui costruire una cucina che profuma di affetto e tradizioni. Rosina, poi, non è solo un nome: era davvero una delle sue nonne.
Qui si mangia la “cucina di casa”, ma quella vera. Ogni piatto è un ricordo, un pezzo d’Italia, una storia raccontata a tavola. La squadra, tra cui anche lo chef Davide Tangari (sì, proprio quello passato da Villa Crespi!), ha voluto mettere insieme sapori regionali diversi, ognuno portando in menu le proprie radici. Il risultato? Un viaggio gastronomico da Nord a Sud senza mai uscire da Roma.
Le materie prime sono una dichiarazione d’amore al territorio: salumi e formaggi della Tenuta Il Radichino nella Tuscia, pasta secca da un pastificio artigianale di Pomezia, e poi tutto il resto – pane, dolci, pasta fresca – fatto in casa. Come una volta.
Il menu cambia ogni 3-4 mesi, seguendo stagionalità e ispirazione. Ma ci sono dei classici che non si toccano: la polpetta di genovese, con più cipolla che carne e una fonduta di pecorino da applausi; la pizzetta con lingua di manzo e maionese alla senape; i ravioli di Rosina, con ricotta, spinaci, sugo di datterini e zest di limone. E ancora, l’orecchia d’elefante (una cotoletta degna di Milano), il risotto osso buco e zafferano che va a ruba anche in piena estate e le fettuccine “alla cornuta”, piatto ironico e saporito a base di burro, parmigiano e tartufo.
Non mancano carbonara e amatriciana, per gli irriducibili del quinto quarto romano, ma anche piatti freschi come il crostone con baccalà o le fettine alla pizzaiola.
Chef Tangari non si limita a cucinare: si alza, viene in sala, si siede con te. Racconta, ascolta, scherza. È un modo di fare accoglienza che oggi si sta perdendo, ma che qui fa parte dell’identità del locale.

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La carta dei vini, curata da Marco Campitelli (master sommelier), è una piccola chicca. Ottanta etichette da tutta Italia, ma con un occhio speciale al Lazio, e una sezione pensata come una mappa geografica per chi vuole scoprire piccoli produttori locali. E poi ci sono il rosso e il bianco di “casa” – non della casa, proprio di casa! – provenienti da un’azienda agricola di Fiumicino.
L’ambiente è semplice ma studiato, tra mattonelle vintage, cotto finto e ricette scritte a mano alle pareti. Una sola sala, due colori, 55 coperti dentro e altri 30 fuori. Tavoli di legno, tovagliette di carta e adesivi con le frasi tipiche della nonna. E se vi capita di incrociare il food truck in giro per Roma, sì, è sempre Rosina, in versione street food.

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A voi tutti le info ed i contatti:
ROSINA CUCINA DI CASA
Vicolo delle Grotte, 27 – Roma
Tel. 06.69374499
[email protected]

Nato nel 1975 a Torino, da oltre 25 anni lavora nel settore dell’IT.
Parallelamente, ha coltivato una forte passione per l’enogastronomia attraverso la laurea in “Scienze Economiche e Giuridiche”, con specializzazione in “Gastronomia, Ospitalità e Territorio”, diventando sommelier del riso e frequentando vari corsi nell’ambito dell’Olio. Appassionato di viaggi, curioso per natura è un collaboratore editoriale per Epulae News, organo ufficiale di Epulae Accademia Enogastronomica Internazionale, per la quale è referente di Torino e provincia e per La Gazzetta Del Gusto.