
di Fulvio Falbo

Photo Credit Tenute Ragonese
C’è una collina che guarda il mare e sogna il futuro. Si chiama Vallarancia, ed è da lì – tra il verde acceso degli ulivi e il blu profondo delle Eolie – che parte la storia di Tenute Ragonese. Ma non aspettatevi la classica azienda agricola da cartolina. Qui c’è grinta, visione, testardaggine. E un giovane siciliano che ha deciso di rispondere con la vita alla violenza.
Lui è Lancillotto Ragonese, 34 anni, olivicoltore per vocazione, ostinato per necessità. Dieci anni fa ha preso in mano un pezzo di terra dimenticato, ereditato da una storia di famiglia lunga due secoli, e lo ha trasformato in una piccola rivoluzione agricola.
Ma andiamo con ordine. I documenti parlano chiaro: già nel 1800 il trisavolo Benedetto Bella produceva olio su queste colline di Tusa, in provincia di Messina, a 600 metri d’altitudine. Poi il tempo, la guerra, l’abbandono. E infine, nel 2016, il ritorno. Quello di Lancillotto, che dopo l’incendio devastante del 2012 decide di salvare gli ultimi olivi secolari. Non per nostalgia, ma per convinzione.
“Solo con testa aperta e tecniche moderne possiamo farcela”, dice Lancillotto Ragonese. E lo dimostra nei fatti.
Nel 2017 pianta i primi nuovi olivi. L’anno dopo glieli tagliano tutti come atto intimidatorio che però sortisce l’effetto contrario. Invece di arrendersi, raddoppia. Oggi le Tenute Ragonese contano oltre 2.300 piante e sei cultivar autoctone, tra cui la rarissima Crastu, reinnestata a partire da marze delle sue piante madri. Una sfida genetica e affettiva.
Il cuore pulsante dell’azienda è il “Riserva Vallarancia”, un blend nobile ricavato solo dalle piante secolari superstiti. Ma il futuro è già in bottiglia: dal 2026 sono in arrivo i monovarietali, due dei quali in DOP, e si lavora a un blend che rappresenti tutta l’anima del territorio.
Tutto qui? Neanche per sogno.
Lancillotto Ragonese cura ogni dettaglio della filiera: raccolta anticipata per qualità massima, molitura a freddo entro 12 ore, imbottigliamento in azienda, azoto insufflato in ogni bottiglia per mantenere intatti profumi e sapori. E la sostenibilità non è uno slogan, ma un metodo: inerbimento spontaneo, niente chimica, irrigazione mirata con centraline meteo-satellitari, energia solare, futuro eolico.
C’è anche l’approccio divulgativo: canali social, masterclass sull’olio, un sito in arrivo con sezione educational, una sala degustazione in costruzione e, sogno dei sogni, un frantoio aziendale per chiudere la filiera e alzare ancora l’asticella.
La filosofia? “Noi siamo custodi, non proprietari degli ulivi”, spiega Lancillotto Ragonese. E in un mondo agricolo che fa sempre più i conti con il cambiamento climatico, la sua sembra più una dichiarazione di guerra (alla rassegnazione) che una semplice frase ad effetto.
E’ evidente che Tenute Ragonese non è solo un’azienda ma una storia di amore verso la propria terra e gli ulivi, testardaggine e identità. È l’esempio che in Sicilia non crescono solo mandorli e aranci, ma anche visioni nuove, radicate nella terra e orientate al futuro.

Photo Credit Tenute Ragonese

Photo Credit Tenute Ragonese

Photo Credit Tenute Ragonese

Photo Credit Tenute Ragonese

Photo Credit Tenute Ragonese


Nato nel 1975 a Torino, da oltre 25 anni lavora nel settore dell’IT.
Parallelamente, ha coltivato una forte passione per l’enogastronomia attraverso la laurea in “Scienze Economiche e Giuridiche”, con specializzazione in “Gastronomia, Ospitalità e Territorio”, diventando sommelier del riso e frequentando vari corsi nell’ambito dell’Olio. Appassionato di viaggi, curioso per natura è un collaboratore editoriale per Epulae News, organo ufficiale di Epulae Accademia Enogastronomica Internazionale, per la quale è referente di Torino e provincia e per La Gazzetta Del Gusto.