La guerra in Ucraina mette in allarme il settore agroalimentare internazionale.


E’ bastato l’arrivo dei carrarmati sul suolo Ucraino per cambiare l’assetto del mercato dei cereali. Per Coldiretti, oltre al caro-petrolio e gas: sotto la spinta dell’attacco della Russia all’Ucraina i prezzi del grano sono balzati del 5,7% in un solo giorno, raggiungendo il valore massimo da 9 anni a 9,34 dollari a “bushel” (staio, unità di misura internazionale pari a circa 35 litri, equivalenti a poco più di 27,2 kg di grano e 24,5 kg di mais, ndr), in base ai dati di chiusura del mercato future della borsa merci di Chicago, punto di riferimento mondiale delle materie prime agricole. Infatti, il rischio forniture si innesta sui forti aumenti registrati nei mesi scorsi sul fronte materie prime, oltre che sul fronte energetico e sugli scioperi degli autotrasportatori. Gli aumenti hanno interessato i prodotti base per l’alimentazione degli animali negli allevamenti. La preoccupazione è l’eventuale blocco dei porti Ucraini del Mar Nero con un crollo delle disponibilità sui mercati mondiali, con il rischio di inflazione su beni di consumo primario. Basta ricordare che l’Italia importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame». L’Ucraina è il terzo esportatore di cereali a livello globale. Il problema è anche legato all’aumento dei costi energetici. Il rincaro dell’energia riguarda anche l’alimentazione del bestiame e il riscaldamento delle serre per fiori e ortaggi, nonché indirettamente anche costi di produzione degli imballaggi. Le organizzazioni di categoria invitano a una “responsabilità dell’intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare aziende agricole e stalle.
Bisogna che la politica nazionale e europea, dopo il coronavirus e la guerra, riveda la sua programmazione che risulta limitata e priva di prospettive. Occorre inoltre incrementare ad esempio la produzione in Italia dove – precisa la Coldiretti – secondo l’Istat si stimano 500.596 ettari seminati a grano tenero per il pane, con un incremento dello 0,5% mentre la superfice del grano duro risulta in leggera flessione dell’1,4% per un totale di 1.211.304 ettari anche se su questa prima analisi pesano i ritardi delle semine per le avverse condizioni climatiche che potrebbero portare a rivedere il dato.