
“le stagioni nel vino”: la sensibilità di Benedetta Vitelli nel cielo di Parigi
A 125 metri sopra Parigi, dove la città si dissolve in un mosaico di luci e l’aria profuma di burro, vento e memoria, c’è una giovane donna che accoglie i viaggiatori del gusto come si accoglie un amico di lunga data. È Benedetta Vitelli, Cheffe sommelière del ristorante stellato Le Jules Verne, scrigno del secondo piano della Tour Eiffel. In lei convivono grazia e attenzione, la calma dei gesti sicuri e quell’aura propria che appartiene solo a chi ama profondamente ciò che fa. Marchigiana, viene dalla rigorosa scuola di Chef Passard, 3 stelle Michelin.

Per Benedetta il vino non è una semplice bevanda: è un compagno vivo, sensibile, che porta nel bicchiere le stagioni della natura. Quando parla di “vino stagionale” non si riferisce al momento in cui lo si beve, ma agli aromi che esprime.I profumi del vino, dice, possono raccontare la primavera con le note di fiori bianchi, erbe delicate o frutti giovani. Possono evocare l’estate con gli agrumi, i frutti succosi, le sensazioni luminose e fresche. Oppure possono scivolare verso l’autunno con le spezie, la frutta matura, gli accenti di sottobosco. Fino a richiamare l’inverno con aromi più profondi, tostati, caldi, avvolgenti. Il suo servizio è proprio questo: scegliere un vino i cui aromi entrino in risonanza con ciò che il cliente sta vivendo, come un accordo sensoriale. È un modo di interpretare il vino attraverso la natura, non attraverso il calendario.
Parigi, tra rigore e meraviglia
Per una sommelier italiana, Parigi non è solo un traguardo: è una prova quotidiana. «A volte sembra un ring», racconta sorridendo. In Francia il vino è dottrina: un sapere ordinato, custodito, quasi sacro. In Italia è più simile a una festa di famiglia, un racconto spontaneo che nasce attorno a un tavolo.
Benedetta ha imparato a muoversi tra questi due poli: l’esattezza francese e l’intuizione italiana. Ha trasformato la sfida in un dialogo, e il dialogo in un’arte.
Il mondo che cambia nel calice
Il cambiamento climatico ridefinisce luoghi, stili e identità del vino. Benedetta non lo vive come una minaccia, ma come un’apertura a nuovi orizzonti. Parla di un rosso danese che “alla cieca sembrava uno Jura”, di vini nati dove nessuno avrebbe immaginato: Tahiti, Brasile, Giappone. Ogni assaggio è un piccolo viaggio nel domani, un invito a ripensare alla terra e al modo in cui la trattiamo.
Sostenibilità: una scelta interiore
Per lei la sostenibilità non si misura in un marchio, ma nel rispetto. Rispetto per il tempo, per la vigna, per il lavoro umano. «La certificazione è utile, ma non basta. Io scelgo chi lavora bene». Nella sua selezione convivono due criteri: ciò che dice il bicchiere e ciò che racconta il produttore. Una verità tecnica e una verità umana.
Il racconto come gesto di cura
Viviamo in un mondo che delega il gusto alle app, come se la sensibilità potesse essere codificata. Benedetta sorride, con un po’ di malinconia: «A volte scelgono una bottiglia perché lo dice un’app. Poi non capiscono perché non li soddisfa».Il vino è cultura, e la cultura passa da un racconto. Per questo lei ascolta, osserva, parla poco e con misura. Racconta per accompagnare, non per convincere. E ama gli oggetti che restano: i menu di carta, i biglietti da visita, i piccoli riti tangibili che trasformano un pasto in un ricordo.
Il lusso dell’attesa
C’è una parola che Benedetta custodisce come un talismano: attesa.«Eravamo abituati ad aspettare per aprire una grande bottiglia. Oggi vogliamo tutto subito».Ma il vino ha i suoi tempi, come le stagioni che lo hanno generato. E il vero lusso, in un ristorante stellato sospeso nel cielo di Parigi, non è nel nome dell’etichetta, ma nella calma dei gesti, nella precisione silenziosa del servizio, nella capacità di fermare per un istante il mondo.
Tra innovazione e identità
Orange wine, no-alcol, bag-in-box di design: il vino contemporaneo è pieno di rivoluzioni. Benedetta è curiosa, ma non cede alle mode. «Le novità devono avere un senso», dice. Non ama ciò che snatura, ciò che forza, ciò che dimentica l’origine naturale del vino. L’innovazione, per lei, deve sempre dialogare con la terra.
L’intelligenza artificiale e la bellezza umana
L’IA la incuriosisce, la affascina per le sue possibilità nel controllo delle frodi, degli stock, della tracciabilità. Ma su una cosa non ha dubbi: «Un sommelier non sarà mai sostituito dall’IA. Il vino ha bisogno di emozioni, di sguardi, di ascolto». Ogni vino è personale.
Una donna che porta luce
Nel tempio sospeso della Tour Eiffel, Benedetta Vitelli è una luce gentile che guida i clienti attraverso vini, stagioni, sensazioni. Ogni bottiglia diventa un racconto; ogni racconto, un viaggio. Serve vini, sì. Ma soprattutto serve umiltà.

Chi è Benedetta Vitelli
Cheffe sommelière al ristorante stellato Le Jules Verne, Tour Eiffel – Parigi. Specialista in abbinamenti stagionali e narrazione del vino. Una delle giovani voci italiane più sensibili e luminose della sommellerie italiana in Francia.

Francesco Piccat, nato a Saluzzo nel 1991. Vive e lavora a Parigi. È un esperto conoscitore e degustatore dei vini francesi. Ha ottenuto la menzione distinzione al WSET 3.
