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Fuocomuorto, una vigna di famiglia: una storia che viene da lontano

Arrivare a Fuocomuorto, in una mattina di metà dicembre, è un piccolo rito di passaggio. L’aria frizzante delle prime ore del giorno lascia presto spazio a un tepore inatteso, quasi un regalo del Vesuvio. La foschia avvolge il Golfo di Napoli e, in lontananza, Capri e Ischia si intuiscono appena, come sagome leggere sospese tra mare e cielo.

La strada di Croce dei Monti sale lenta, curva dopo curva, arrampicandosi sulle pendici del vulcano fino a quota 350–400 metri sul livello del mare. Qui il paesaggio cambia passo. Il Vesuvio domina la scena, presenza silenziosa e costante, come un guardiano antico. Siamo nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio, a Ercolano, e questa è una di quelle vigne che non si visitano soltanto: si ascoltano, con rispetto.

Fuocomuorto è un’azienda agricola a conduzione familiare: poco meno di tre ettari di terra vesuviana che racchiudono oltre due secoli di storia. Due ettari sono dedicati alla vite, il resto agli ulivi. A portare avanti questo patrimonio oggi sono Vincenzo Oliviero e suo figlio Gennaro, due generazioni unite da una visione ostinata, coerente e profondamente identitaria del vino.

Ad accogliermi è Vincenzo, indaffarato a sistemare alcuni tralci, con una stretta di mano vigorosa e un sorriso schietto. La visita comincia dai vigneti che circondano la cantina. Si sviluppano su terrazzamenti sostenuti da muretti a secco, in suoli vulcanici profondi e strutturati, prevalentemente sabbiosi, ricchi di scheletro e con roccia affiorante. Qui non esiste ristagno di umidità: la vite trova un equilibrio naturale tra insolazione e piovosità.

(Vigneto di Caprettone a piede franco allevato a pergola)

È un lavoro paziente, quasi artigianale, che consente un’esposizione al sole costante per tutta la giornata. Siamo in una zona di media collina, ottimamente ventilata, dal clima mite. Le vigne guardano a est e sono condotte in agricoltura biologica (non ancora certificata in cantina). Le viti sono a piede franco e vengono propagate con il “calaturi”, la propaggine: un tralcio lungo e flessibile, interrato vicino alla pianta madre durante l’inverno in una piccola trincea, lasciando fuori una gemma da cui nascerà la nuova vite.

La conduzione è a spalliera con potatura Guyot. La pergola, un tempo diffusa, è stata quasi del tutto abbandonata: troppo lavoro, troppe poche braccia. Anche queste sono scelte che raccontano una filosofia concreta, legata alla sostenibilità quotidiana.
I vitigni coltivati parlano del Vesuvio, ma anche del carattere di chi li ha voluti: Caprettone e Piedirosso, colonne storiche del Lacryma Christi DOC, affiancati negli anni da Falanghina, Aglianico e da una presenza decisamente atipica per il territorio, il Primitivo.

Il Caprettone è il simbolo più evidente dell’identità aziendale. Un vitigno che per anni è rimasto nell’ombra, spesso confuso con il Coda di Volpe per motivi di resa. Vincenzo, agronomo di formazione, non ha mai accettato questo compromesso e si è battuto con determinazione per difenderne l’identità. Una battaglia che ha trovato il suo riconoscimento quando la Facoltà di Agraria di Portici lo ha certificato come varietà autonoma e il Ministero delle Politiche Agricole lo ha inserito nel Registro Nazionale della Vite.

(Vincenzo Oliviero)

Scendiamo di nuovo verso l’azienda, dove si trovano l’area degustazione e soprattutto la cantina naturale, vero cuore pulsante di Fuocomuorto. È una grotta scavata nel tufo e nella roccia vulcanica, a quattro o cinque metri di profondità, dove temperatura e umidità restano pressoché costanti durante tutto l’anno.


Un luogo carico di memoria. Scavata originariamente nel 1780, la grotta è stata anche rifugio durante la Seconda guerra mondiale ed è indissolubilmente legata alle eruzioni del Vesuvio, in particolare a quella del 1937. Documenti del 1870, con il timbro del Regno delle Due Sicilie, ne attestano l’appartenenza alla famiglia Oliviero. Carta ingiallita, storia vissuta, che oggi profuma di vino e di pietra umida.

(ingresso della cantina interrata)

(Atto notarile di acquisizione da parte della Famiglia Oliviero)

Risaliti in superficie, ci accomodiamo nella zona degustazione per l’ultima parte della visita. Sei le etichette attualmente in produzione, per un totale di circa 12.000 bottiglie. Inizio, naturalmente, dal vino simbolo dell’azienda, il Caprettone, declinato in tre interpretazioni.

Vesuvio Caprettone DOP 2024
(100% Caprettone – 13% alc.)
Circa 3.000 bottiglie prodotte. Al naso la componente sulfurea si manifesta con delicatezza, accompagnata da sbuffi mandorlati. In bocca l’ingresso è sapido, materico e vibrante: pesca galletta e ritorni di mandorla in chiusura gli donano armonia e freschezza.

Vesuvio Lacryma Christi Bianco DOC 2024
(80% Caprettone, 20% Falanghina – 13% alc.)
La nota sulfurea è evidente, insieme a una bella componente vegetale. Al palato è sapido e pieno, polposo di frutta gialla a nocciolo, come una susina croccante. Succoso, salino, verticale e agrumato. La Falanghina aggiunge uno slancio di eleganza notevole. Un vino luminoso, complesso e caleidoscopico.


Don Gennà – Campania Bianco IGP 2023
(100% Caprettone)
Colore importante generato da una macerazione di circa cinque giorni sulle bucce. Affina 4–5 mesi in botti di rovere e acacia, seguiti da almeno 6 mesi in bottiglia. Al naso emergono subito le burrosità del legno, accenni evolutivi di idrocarburi e una seducente componente mielosa e accenni di frutta candita. In bocca la sapidità resta centrale, con una tostatura ben integrata. Un vino di grande fascino, che merita qualche anno in più di bottiglia e che, per personalità, può ambire a confronti importanti con dei blasonati Borgogna.


“E’ Frisc” – IGP Pompeiano Frizzante Rosé, Metodo Ancestrale 2025
(100% Aglianico – 13% alc.)
Colore rosato luminescente e vivido. Al naso è un’esplosione di frutta croccante, ribes e fragolina di bosco. Una “big bubble” liquida e dissetante, con circa 0,6 g/l di zuccheri, che chiama un bicchiere dopo l’altro fino a finire la bottiglia quasi senza accorgersene.

Vesuvio Lacryma Christi Rosso DOC 2024
(Piedirosso 50%, Aglianico 30%, Primitivo 20%)
Balsamico, con un intrigante tocco fumé. In bocca è schietto e diretto, con un tannino composto ma ancora un po’ ruvido per via della gioventù. Vinoso, sincero, senza maschere.

Vesuvio Aglianico DOP 2023
(100% Aglianico – 13% alc.)
Affina 6 mesi in barrique di secondo passaggio. Spiccata balsamicità, note di violetta e sottobosco. Al palato è super vinoso, con un tannino levigato dal legno e da un anno in più di bottiglia. La componente ferrosa e sanguigna non disturba, anzi accompagna verso una chiusura sapida e minerale.

Lava di Fuoco A.D. 1037 – Campania Primitivo IGP 2023
Un anno in barrique di rovere di secondo passaggio, spesso con parte della massa in legni più nuovi, seguito da uno o due anni di bottiglia prima della commercializzazione. Il clone è quello di Gioia del Colle, più fresco e meno muscolare rispetto a Manduria. Il legno è presente ma discreto, compagno di viaggio sottile. La potenza del Primitivo si esprime con frutto nitido e tannino che sostiene la beva. Un vino ancora giovane, dalle potenzialità notevoli.

Quello che colpisce davvero di Fuocomuorto è lo spirito ribelle e coerente della famiglia Oliviero. Dal nome dell’azienda, quasi ad esorcizzare il “Vicino Silenzioso” alla difesa ostinata delle proprie radici e della propria identità con la battaglia, vinta, per il Caprettone e non ultima la scelta di scommettere sul Primitivo fuori dalla sua terra d’origine.
Una piccola gemma da non perdere nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio.

Contrada Croce dei Monti, 22, Ercolano (NA)
Tel. 081.7394655
www.fuocomorto.it
[email protected]