2016 VERSUS 2015 UN PAREGGIO A RETI (QUASI) INVIOLATE
Esiste un giorno preciso sul calendario per il quale tutti noi commentatori del gusto scalpitiamo. Un evento che anticipa la più nota Anteprima di fine inverno e che ci prepara già idealmente ad essa. Quel momento, da anni, accade verso la metà di dicembre, a bocce ferme e quando i giochi sono ormai abbondantemente conclusi; è un modo per dirsi “arrivederci” all’anno che verrà, sperando sia foriero di migliori auspici rispetto al ben magro 2020 vissuto. Gli amici di Vinodabere, guidati dal direttore editoriale Maurizio Valeriani, sono riusciti nell’impresa di riproporre la consueta disfida tra vecchio e nuovo, ovvero tra la 2015 appena giudicata e la 2016 ancora ufficialmente considerata “en primeur” categoria Brunello di Montalcino. Possiamo anzitutto dire che molti prefiguravano un qualcosa di sottilmente diverso; pensavano, con buone argomentazioni, che la 2015 fosse stata eccessivamente valutata in positivo (anche perché susseguente alla bizzarra 2014) e che la 2016 fosse ancora meglio, una sorta di “cinque stelle luxury” come nel campo della hotellerie. Ed invece le differenze erano davvero poche, segno che la qualità media cresce ormai in maniera esponenziale, verso standard alti con punte di eccellenza assolute. Davvero difficile trovare cattivi esempi; lo stesso non si può fare classificando, con i voti, gli assaggi migliori, alcuni dei quali primeggianti davvero per uno scarto irrisorio di decimali. Per tornare al titolo iniziale, il pareggio è stato sostanziale, a reti (quasi) inviolate. Quel “quasi” sta tutto nella prontezza di bocca davvero sorprendente della 2015, piena, corposa, adagiata su un frutto ormai maturo. La 2016 dimostra, nella maggior parte dei casi, una tensione impressionante, declinata invece su sensazioni verticali e balsamiche. L’acidità vibra e si unisce a tannini ancora giovanili, che nascondono complessità olfattiva e gustativa. Ci vuole un buon lavoro paziente nel bicchiere per poterla giudicare serenamente. “Non vogliamo, non possiamo, non dobbiamo” (come recita un celebre adagio di Papa Pio VII) giungere a pericolose conclusioni sulle potenzialità evolutive dei vini. Montalcino ci ha abituato da tempo ad avere prodotti godibili fin da subito e ottimamente predisposti all’invecchiamento, così come altri ancora immaturi che acquisteranno piacevolezza da qui a lustri. Possiamo solo aggrapparci a quanto analizzato, sulla eterna contrapposizione tra larghezza ed agilità, tra rotondità e scorrevolezza. Tertium non datur. Potete trovare i “the best ones”, con il loro punteggio medio, degustati rigorosamente alla cieca in un panel di 80 campioni, scelti ed apprezzati da 24 tra giornlisti, critici enogastronomici, buyer, enotecari, ristoratori in questo link.