Agricola Dellavalle, vitigni antichi e Monferrato

di Simone Mussetti

C’è qualcosa di profondamente umano nel tifare per il più debole. Quella squadra data per spacciata, quell’atleta che nessuno prende sul serio. Eppure, quando affrontano i giganti, ci ritroviamo a fare il tifo per loro. Nel marketing lo chiamano “effetto underdog”: la naturale simpatia verso chi lotta con meno mezzi ma con più cuore. È il fascino della sfida impari, la speranza di un cosiddetto “upset” che ribalti le previsioni. Perché in fondo, ogni Davide che affronta Golia racconta anche un po’ la nostra storia.

Qualche giorno fa ho avuto modo di visitare una piccola cantina familiare, in provincia di Alessandria, nel cuore del Monferrato. Un territorio importante e prestigioso, noto soprattutto per i suoi rossi: Barbera, Grignolino, Freisa e altri ancora.

L’Agricola Dellavalle, questo il nome della piccola azienda nel comune di Camino (730 abitanti), mi ha accolto in una cornice di dolci colline ricamate da vigneti, alternati a noccioleti e boschi, con strutture e cascine ristrutturate che punteggiano il paesaggio.Insieme a Daniele, titolare dell’azienda con il figlio Alessandro, facciamo una passeggiata in un terreno di loro proprietà, poco distante dalla cantina. Il suolo, prevalentemente argilloso, trattiene sapientemente l’umidità in una vigna potata a cordone speronato.

Mentre Daniele quasi accarezza i germogli che stanno crescendo sulle piante di Syrah da loro coltivate, mi racconta che fare il vino, per loro, è passione e divertimento, nonché una continua sperimentazione del prodotto.

Tra i rossi, oltre ai classici Grignolino e Barbera (siamo nell’area dell’elegante Barbera d’Asti), troviamo vitigni internazionali quali Merlot, Cabernet Sauvignon e Syrah.Sarebbe già sufficiente questa ricca varietà di vitigni per suscitare in me la curiosità dello sfavorito, già citata nel preambolo di questo articolo, ma desidero concordare una degustazione dedicata ai soli vini bianchi. Vengono infatti prodotti moltissimi vitigni non così comuni, come il Baratuciat e la Malvasia Moscata, insieme a Nascetta e Sauvignon Bianco.

Inizio la degustazione, accompagnata da ottimi formaggi locali, con il:

Florilegium, vino bianco secco prodotto da un’antica varietà aromatica piemontese recentemente riscoperta e valorizzata: la Malvasia Moscata. Alla vista si presenta di un brillante giallo paglierino; al naso colpisce con un travolgente bouquet di fiori, pesca sciroppata e frutta tropicale. In bocca è pieno, armonico, ben bilanciato tra alcol e acidità. Trovo questa Malvasia Moscata un vitigno davvero affascinante, che richiama in modo chiaro e piacevole, soprattutto al naso, il Moscato. Un tempo veniva chiamata “Greco” o “Malvasia Greca”, ma conobbe un lento declino a partire dai primi del Novecento. Oggi, grazie al lavoro attento dell’Agricola Dellavalle, ritrova dignità e carattere in una bottiglia facile da bere, elegante e sorprendentemente piacevole.

La Malvasia Moscata, però, non è l’unico vitigno “antico” utilizzato da Daniele. Uno dei loro cavalli di battaglia è infatti il Baratuciat, una varietà originaria della bassa Valle di Susa, quasi scomparsa alla fine del secolo scorso e tramandata da pochi eroici viticoltori. L’esperimento di coltivazione in Monferrato è, a mio modo di vedere, una prova più che riuscita: l’Agricola Dellavalle ha scelto di declinarlo in diverse tipologie di vini, che mi accingo ad assaggiare.

Il Barat, vino spumante metodo classico da uve Baratuciat.

Da un vino base ottenuto con pressatura soffice, questo spumante metodo tradizionale affina 36 mesi sui lieviti, dando vita a un prodotto fine ed elegante, con un perlage persistente e buone note floreali e agrumate. Al naso emergono frutta bianca e brioche, mentre in bocca avvolge con la sua freschezza.

Il Barat, Monferrato DOC Bianco.

100% Baratuciat, questo vino secco sorprende con i suoi aromi di frutta tropicale, tra cui ananas e agrumi, con un accenno di erbe aromatiche. In bocca spiccano freschezza e acidità, rendendolo un vino interessante anche in ottica di invecchiamento.

In direzione ostinata e contraria… Vino bianco da uve passite Baratuciat.

Questo passito mi meraviglia, a partire dal nome, che richiama De André, fino al colore oro, non troppo intenso alla vista. L’appassimento delle uve Baratuciat, raccolte tardivamente, avviene in ceste per circa 90 giorni, così da concentrare gli zuccheri naturali.Al naso si percepiscono albicocche secche, pesca sciroppata, miele e fiori appassiti. In bocca, una dolcezza che coccola e mi accompagna alla conclusione di un’ottima degustazione.

E così, lascio questa cantina con il ricordo vivo di prodotti antichi e nuovi entusiasmi. In quei calici ho ritrovato l’autenticità di una famiglia, la bellezza della lentezza, la forza della tradizione che si rinnova. Perché il vino, quando è autentico, non parla solo al palato, ma anche all’anima.