Dalla vigna al bicchiere, viaggio sensoriale dentro la cantina Argiolas

Un grande vino nasce dalla terra. E dall’amore che per essa nutre chi la coltiva. Nasce dalle viti e dai grappoli d’uva che vi si arrampicano, maturando sotto il sole. Ed è dalla terra e dall’uva che Mariano Murru, fuoriclasse dell’enologia, ha deciso di far cominciare la nostra visita alla cantina Argiolas. Camminare tra i filari delle Tenute Iselis di Serdiana, nel cuore pulsante del territorio che ha dato origine a un’eccellenza sarda, italiana e globale, significa entrare nella sua storia, capirne il passato e il presente per intravederne il futuro. È anche qui, infatti, che nasce la sperimentazione voluta da Murru per continuare a innovare nel solco tracciato nei primi del ‘900 da Antonio, il patriarca scomparso nel 2009 alla veneranda età di 103 anni.

L’uva, dicevamo. Il Nasco e il Vermentino, il Bovale e il Carignano. Materia prima preziosa e dolcissima, nettare maturo che in questo periodo comincia a essere raccolto per trasformarlo in vino. E poi il territorio, che si estende a perdita d’occhio, offrendo scorci affascinanti come su Stani Saliu o la Chiesa campestre di Santa Maria di Sibiola, piccolo gioiello di arte romanica costruito dai monaci benedettini francesi tra l’XI e il XII secolo. I colori che ondeggiano tra il giallo e il verde, punteggiati dal blu e dal viola delle uve più scure, sono illuminati da un sole perfetto, mentre la giornata è sferzata da uno di quei Maestrali tipici dell’Isola.

Alla destra della foto l’enologo Mariano Murru.

Il ritorno in Cantina porta dritti alla fase della degustazione. Guidati da Mariano e dalla sua esperienza ultratrentennale (aveva poco più di 20 anni quando cominciò a lavorare con gli Argiolas, dopo due anni di apprendistato a Santadi con Giacomo Tachis), scopriamo la bellezza di 13 vini, partendo dagli spumanti e terminando con i dolci, perdendoci nei profumi di frutta tropicale, salsedine, fiori bianchi e frutti rossi.

Il viaggio comincia con due vini spumanti Brut di uve Nuragus, il Tagliamare, Metodo Charmat e Argiolas Metodo Classico, prosegue coi Vermentino di Sardegna DOC: Merì, Is Argiolas e Cerdeña. Si sposta tra le Tenute Iselis, col Nasco e il Monica, continua sui rossi con le suggestioni marine del Carignano Is Solinas e il piacevole equilibrio del Cannonau di Sardegna DOC Senes, si chiude con le eccellenze del Bovale Korem e dell’ammiraglia di casa Argiolas, il Turriga, propostoci in due differenti annate: la 2016 e la neonata 2019, per scoprire come può evolvere e presentarsi in modo diverso un vino concepito 35 anni fa per poter resistere al trascorrere del tempo.

Sono tante le sensazioni che coinvolgono naso, palato e mente, in una escalation di sapori e odori che fanno emergere le peculiarità del territorio e il lavoro certosino di vinificazione e stagionatura di prodotti che senza ombra di dubbio si inseriscono tra i migliori in Italia e, quindi, ça va sans dire, al mondo. Ma la sorpresa più grande arriva sul finale.

Poco prima di stappare una bottiglia di Angialis, un vino bianco dolce da uve Nasco a Indicazione Geografica Tipica Isola dei Nuraghi, che si è rivelato essere un nettare emozionante, Mariano ci versa un bicchiere di Antonio 100. Anche qui si tratta di un vino dolce, ma rosso, dedicato al patriarca dell’azienda. Un Cannonau di Sardegna Passito che stupisce per la capacità di donare dolcezza naturale a un’uva tipicamente caratterizzata da una decisa tannicità che qui scompare, accarezzando la bocca dopo aver sedotto il naso e facendo emergere dalla memoria il ricordo ancora fresco di quegli acini d’uva assaporati poco prima in vigna. Un vino che è il risultato dell’incontro tra un’idea geniale e l’estrema maestria necessaria per trasformare una suggestione in realtà sensibilmente tangibile. La chiave d’oro con cui chiudere il nostro viaggio.