Di Simone Mussetti.
Ruvido, caratteristico, particolare, necessita di tempo per aprirsi e rivelare la propria personalità.Questo incipit introduce un vino o forse… un vigneron?
Quando sono andato a trovare Flavio Roddolo, non sapevo cosa aspettarmi: pareri controversi e contrastanti mi mettevano in guardia dalla sua figura e dai suoi vini.
Nella foto: Flavio Roddolo
Sulla collina di Monforte d’Alba, in una calda giornata estiva, immerso nel verde delle colline piemontesi, mi dirigo verso la sua azienda. Seduto su una panchina vedo lui, il proprietario, Flavio.
Una persona semplice, di poche parole, che alla domanda “dove posso parcheggiare?”, mi risponde in piemontese di “metterla un po’ dove volevo”. Il piemontese tipico, ammesso che si possa scherzare un momento su di uno stereotipo, è un uomo pragmatico, che non bada a convenevoli e non eccede in pleonastiche formule di cortesia. E se per alcuni poteva sembrare una risposta poco accogliente, in me ha acceso la curiosità verso la sua persona ed i suoi vini, che ora immagino sinceri e diretti, senza inutili orpelli, come lui.
Ad aiutarlo in azienda c’è il nipote Ivo; insieme passeggiamo tra vitigni e cantine.
Ivo racconta, Flavio, un passo indietro (il “piemontese doc” non è certo persona che ama i protagonismi) in silenzio osserva, ed accarezza le vecchie barrique esauste che non possono conferire più in alcun modo sentori al vino, ma dove tutt’ora i vini della famiglia Roddolo riposano. Non mancano anche tonneau, botti in acciaio e in cemento… Dislocate, molto pragmaticamente come dicevo, semplicemente in base allo spazio disponibile, sempre un po’ scarso, trattandosi di una piccola realtà.
Giunge quindi il momento di assaggiare i suoi vini nella sala degustazioni, prima ad uso abitativo. Vini che rispettano la tradizionalità utilizzando lieviti indigeni, senza chiarificazioni e filtraggi. Ma l’aspetto interessante è che questi vini, il risultato di mesi e mesi di duro lavoro, potrebbero non venire mai commercializzati! È Flavio Roddolo il più severo giudice di sé stesso, e soltanto se lui rileverà nel vino la giusta evoluzione e una giusta complessità, allora questo sarà pronto per la vendita.
Per primo assaggio il Dolcetto Superiore 2016. Al naso un profumo di ciliegia matura cotta, marmellata di fragole, more, pepe nero e un finale di sottobosco. Morbido, vellutato, tannini medi e di medio alta persistenza. L’alcol al 14,5% lo rende un vino notevole. Fortemente identitario, si distingue dal classico dolcetto langarolo per potenza, per incisività. Davvero un gran bel vino.
E’ il turno del nebbiolo 2013. In questo caso i vitigni utilizzati confinano, senza però farne parte, con la regione viticola del Barolo. E’ lo stesso Ivo che mi mostra la strada che funge da confine. In questo bicchiere trovo note floreali come rosa, viola, ma anche frutta: ciliegia matura, mirtilli, lamponi e una nota erbacea. Pepe nero, altre spezie e un’accenno di cuoio fanno capolino dopo alcuni istanti. E’ un vino dinamico che ha tannini forti e ruvidi, e una persistenza medio alta.
Durante la degustazione Flavio, che come i suoi vini si sta aprendo a me, mi racconta dei suoi viaggi intorno al mondo; io affascinato lo ascolto. Svezia, Germania, California, Stati Uniti… “Mi avevano invitato ad andare in Corea, ma alla fine non sono andato. Avevo paura si mangiasse male!” e accenna una risata, mentre a me viene servito il vino successivo.
E’ il momento del Barolo 2013, del cru Ravera di Monforte. Porto a me il calice e mi lascio avvolgere da una concentrazione di rose, viole, marmellate di succose amarene, lamponi, ma anche spezie come pepe nero, noce moscata. Aprendosi rivela inoltre sentori di sottobosco, quel profumo primordiale della terra, del cuoio e del tabacco. 15 %, tannini alti, ma non invadenti, il vino è elegante, affascinante e di rara bellezza.
Per ultimo assaggio il Bricco Appiani “Langhe Rosso” 2010, un Cabernet Sauvignon in purezza. Qui assieme al profumo della confettura di ciliegie, more, fragole, lamponi, una nota erbacea emerge, così come un accenno di peperone verde. Ad un secondo assaggio, dopo qualche minuto, rilevo con piacere anche note di cioccolato e caffè. I tannini sono medio alti e la persistenza al gusto lunga, l’alcol al 13%.
Un vino, come l’esperimento di vinificare il cabernet a Monforte, più che riuscito.
Prima di andare via, ringrazio e saluto Ivo, e Flavio, che si era già fatto un po’ in disparte e del quale incrocio lo sguardo, si avvicina per una stretta di mano, vigorosa e sincera.
Esattamente come i vini che ho assaggiato, con il tempo lui si è svelato a me, rivelando alcune sfaccettature del suo carattere che avevo appena intuito oppure non ipotizzato del tutto. Vedo gli occhi di un “nonno” piemontese d’antan, che non si è mai sposato e non ha avuto figli, vedo le mani ruvide di chi ha sempre lavorato la terra in prima persona, vedo l’esperienza di un uomo che ha imparato a vinificare da suo padre con passione e che con entusiasmo prosegue, lasciando che siano la terra e la natura a fare il vino, accompagnando questo processo con sacrificio, con dedizione.
Vedo una bella anima, una bella persona.
Questo è Flavio Roddolo, questi sono i suoi vini.
INFO:
Cantina Flavio Roddolo
Località S. Anna, 5,
12065 Monforte d’Alba (CN)
Tel. 0173 78535
“Simone Mussetti, classe 1990, laureato in scienze di comunicazione a Torino, vive a Barolo dove sta frequentando, presso l’università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, un Master in “Food Culture, Communication and Marketing”. Detentore del WSET2 certified.”