Versailles, la sala degli specchi, il Trianon, la cappella reale, le camere private del Re. Certo, tante foto per chi si convince che le 2 ore e mezza di coda sotto il sole o la pioggia battente valgano la pena di raccontare ad amici e parenti quanto fossero raffinati i francesi al tempo del Re Sole. Per carità, i nostri amici nazionalisti italiani ribatteranno che anche noi abbiamo le nostre Versailles, Venaria Reale al Nord e Caserta al Sud. Piccolo particolare da ricordare ai nostri amici nazionalisti, forse un po’ ingenui e con quel solito problema che abbiamo noi italiani a considerarci meno degli altri, specie dei francesi, senza naturalmente conoscere nulla, che siamo noi italiani a chiamare Venaria la Versailles del Piemonte e Caserta la Versailles della Campania.
Quindi, in realtà, sì, Versailles vale la pena di esser visitata, proprio perché è Versailles con tutto ciò che rappresenta Versailles per l’arte e la storia. Magari però, non un sabato legato al ponte dell’Immacolata o verso Capodanno.
Qua però vogliamo parlare di vini e, in particolare, dei vini di Versailles. Ho avuto occasione di entrare a conoscenza della loro esistenza grazie ad una lettura distratta di una di quelle pubblicazioni che si trovano visitando fiere e saloni. Parlo di quello dedicato agli Chef più blasonati e “tendance”, il Sirha-Omnivore di Parigi. Tra consigli di enoteche e bistrot instagrammabili, un articolo ha suscitato la mia curiosità: la rinascita dei vini dell’Ile de France. In particolare, si parlava di un’azienda agricola che si è messa a coltivare la vite nei luoghi in cui, nel medioevo, prosperavano rinomate denominazioni. Il Domaine si chiama la Bouche du Roi, la bocca del Re, e si trova nella piana che da Versailles sfocia ad oriente quasi verso il fiume Eure. Il nome è evocativo, perché soprattutto con Luigi XIV il castello di Versailles si popolò di sommelier che ufficialmente dovevano valutare la qualità dei vini che entravano nel castello e, ufficiosamente, dovevano rischiare la vita per evitare che la rischiasse il Re a causa di tentati avvelenamenti. Il tempo della fronda non era ancora così lontano e la prudenza era comunque una delle virtù cardinali da seguire.
Bene, ho comunque pensato che questo articolo fosse uno dei molti specchietti per allodole che i giornali giusti pubblicano per essere ancora più trendy, ma poi ho scoperto che anche Thierry Dessauve ne ha parlato e allora mi sono lasciato convincere ad un assaggio perlustrativo. Per chi non lo conoscesse, Monsieur Dessauve è il proprietario di una rivista di riferimento del vino francese, Bettane e appunto Dessauve. E quando Thierry ci dice che in questi vini “c’è un’eleganza, un fruttato, ma anche e soprattutto una freschezza e una vivacità, un dinamismo, che appartengono solo a questo vigneto”, non possiamo non provarli. Ubi maior. Aggiunge poi che “questi vini definiscono immediatamente uno stile, una personalità. Al di là del vitigno, troviamo l’essenza stessa di un vero terroir, e questo è il segno dei grandi vini”.
La mia idea? Ebbene, avendo provato soltanto il loro Pinot Nero (che sta diventando sempre più il mio vitigno preferito), penso che abbia ragione. Siamo in una regione al limite della viticoltura, un po’ come la Normandia, dei cui vini di cui ho già parlato, e il risultato soprattutto in bocca ne risente.
Il loro Pinot Nero, che definiscono modestamente Abondance, è un’esplosione di fragola e ribes. Siamo al limite del plagio naturale, se chiudiamo gli occhi ci pare davvero di trovarci di fronte ad una macedonia, certamente un po’ acidula, di frutti rossi non del tutto maturi. La beva è vellutatissima, discreta, quasi impercettibile direbbero i maligni. Il finale coglie tutti impreparati, perché potrebbe quasi sembrare un bianco.
Questo Pinot Nero sicuramente i Luigi con i numeri romani non lo bevevano mai (perché preferivano i ben più blasonati Champagne o Borgogna) ma noi che non abbiamo numeri romani che seguono il nostro nome di Battesimo potremmo restare piacevolmente sorpresi da tanta grazia. Montjoie Saint Louis!
Francesco Piccat, nato a Saluzzo nel 1991. Vive e lavora a Parigi. È un esperto conoscitore e degustatore dei vini francesi. Ha ottenuto la menzione distinzione al WSET 3.