
di Gianfraco Quartu
Il gusto amaro fa parte della tradizione alimentare italiana, come ha molto ben evidenziato Massimo Montanari nel suo libro “Amaro. Un gusto italiano”, si struttura nel tempo con la raccolta e il consumo delle erbe spontanee dei boschi, delle diverse tipologie di radicchio, dei carciofi, dell’olio d’oliva o degli asparagi. Oggi accanto all’asparago coltivato, di gusto meno amaro, rimane ancora abbondante nelle nostre campagne l’asparago selvatico.
Infatti, quando la natura si risveglia, sui pendii collinari e tra i sentieri boschivi spunta questo dono davvero prezioso, un vero e proprio gioiello verde. Non è un semplice ortaggio, ma un simbolo di rinnovamento che porta con sé un sapore intenso e un bagaglio di proprietà benefiche inestimabile.
A differenza del cugino coltivato, vanta appunto un gusto più amarognolo e deciso, una consistenza più fibrosa, caratteristiche che lo rendono inconfondibile e ricercato dagli appassionati.
L’asparago selvatico è un autentico concentrato di benessere, è ricco di vitamine essenziali come la A, C, E e K, e di minerali quali ferro, magnesio e potassio. Come sottolineano i nutrizionisti, la sua fama è legata soprattutto all’alto contenuto di flavonoidi e polifenoli, potenti antiossidanti che combattono lo stress ossidativo, e alle sue spiccate proprietà detox, stimolando la diuresi e favorendo l’eliminazione delle tossine. Grazie alla sua ricchezza di fibre, contribuisce inoltre al buon funzionamento intestinale e a un prolungato senso di sazietà, trasformandosi così in un eccellente alleato per la nostra salute.
La sua stagione è un evento breve ma atteso, che si estende dalla fine dell’inverno fino alla primavera inoltrata, con il periodo di massima raccolta tra marzo e maggio. Cercarlo è un rituale che trasforma una passeggiata in un’emozionante avventura all’aperto, spesso vicino a cespugli e alberi.
Occorre fare attenzione nella raccolta staccando accuratamente il getto dalla base, senza strapparlo o danneggiare il cespo sotterraneo. Queste precauzioni permettono che il cespo produca ancora getti.
In primavera avanzata occorre sospendere la raccolta e permettere la normale vegetazione dello stelo, la produzione delle foglie spinose, la fioritura e la fruttificazione. La vegetazione completa consente l’accumulo di sostanze di riserva nel cespo sotterraneo che alimentano la vegetazione dell’anno successivo e questa cura permette la sopravvivenza della pianta per molti anni.
Questo legame profondo con la natura si riflette anche nelle leggende popolari. Nell’antichità infatti si credeva che avesse proprietà afrodisiache e venisse utilizzato nelle pozioni d’amore. In alcune tradizioni popolari, si dice che chi trova un abbondante raccolto di asparagi sarà fortunato per tutto l’anno.
In cucina, la sua versatilità è sorprendente. Sebbene sia perfetto per preparazioni classiche e rustiche come una semplice frittata con pecorino, un risotto mantecato o una pasta con pancetta, il suo sapore intenso lo rende ideale anche per abbinamenti più gourmet e inusuali.
La sua nota amara crea un contrasto eccezionale con la dolcezza dei gamberoni o dei crostacei, in audaci piatti di mare e terra, o si bilancia elegantemente con note aromatiche come il lime o lo zafferano.
Un esempio eccellente di questa fusione è il Risotto con Asparagi Selvatici e Gamberoni, dove la cremosità del riso e la dolcezza dei gamberi vengono esaltate dalla potente e aromatica essenza dell’asparago.
Sia che lo si prepari in una semplice padella con olio e aglio, sbollentandolo prima per ammorbidirne la fibra, sia che lo si trasformi in una sofisticata crema per un primo piatto, l’asparago selvatico rimane il protagonista indiscusso della tavola primaverile, un piacere per il palato che celebra la ricchezza del nostro territorio.
Ed ecco la preparazione del Risotto con Asparagi Selvatici e Gamberoni.
Di media difficoltà, occorre un tempo di preparazione di circa 40 minuti e i seguenti ingredienti (per 4 persone): 320 g di riso Carnaroli o Arborio, 1 mazzetto abbondante di asparagi selvatici (circa 250 g), 300 g di gamberoni o gamberi freschi, 1/2 cipolla o scalogno tritato, 50 g di burro freddo per la mantecatura, 50 g di parmigiano grattugiato, 1 bicchiere di vino bianco secco, brodo vegetale o brodo di pesce, olio extravergine d’oliva, sale e pepe.
Se volete dare un tocco insolito potete anche aggiungere la scorza grattugiata di 1/4 di lime o un pizzico di zafferano.
Pulire i gamberoni e tenere da parte i carapaci e le teste (se si vuole optare per un brodo di pesce). Lavare gli asparagi, eliminare la parte legnosa e tagliare i gambi a rondelle, lasciando intere le punte.
Per la crema, sbollentare i gambi di asparago per circa 5 minuti e frullarne la metà con un mestolino di brodo per ottenere una crema.
In una casseruola, fare appassire lo scalogno con un filo d’olio evo. Aggiungere il riso e tostarlo per 2 minuti, mescolando. Sfumarlo con il vino bianco e lasciare evaporare completamente.
Iniziare ad aggiungere il brodo bollente, un mestolo alla volta, man mano che il precedente viene assorbito. A metà cottura (circa 8-10 minuti), aggiungere la crema di asparagi e le rondelle di gambi restanti e continuare la cottura.
In una padella a parte, saltare le punte di asparago intere per 2-3 minuti con un filo d’olio.
Aggiungere i gamberoni e farli cuocere per circa 2 minuti per lato, devono restare morbidi e salarli leggermente.
A fine cottura, spegnere il fuoco. Aggiungere il burro freddo a cubetti, il parmigiano e, se si usa, la scorza di lime (o lo zafferano sciolto in poco brodo).
Mantecare energicamente. Aggiungere i gamberoni saltati, tenendo da parte qualche punta e gambero per la guarnizione, e mescolare delicatamente.
Servire immediatamente, guarnendo ogni piatto con le punte di asparago e i gamberoni tenuti da parte.

Gianfranco Quartu giornalista e food blogger. Si occupa di storie di cucina, di cibo, alimentazione e food photography. Su Instagram @Cucinieremoderno
