Palmenti rupestri di Chia (Soriano nel Cimino – VT) 

Articolo della Dott.ssa Cinzia Loi, Archeologa.

Introduzione – I palmenti rupestri erano (e sono) impianti funzionali alla produzione del vino. La tipologia più comune, scavata nella roccia affiorante, è costituita da un sistema di due vasche – la vasca di pigiatura e la vasca di raccolta – comunicanti attraverso un foro, un’apertura a canaletta o un vero e proprio gocciolatoio di scolo. Sul piano di pigiatura si osserva, soprattutto su quelle superfici d’uso caratterizzate da una scarsa pendenza, la presenza di canalette di scolo incise nella roccia. La vasca di raccolta, posta sempre ad un livello inferiore, mostra varie planimetrie: quadrangolare, rettangolare ed ellittica. Sul piano pavimentale, costante è la presenza di una fossetta utile alla raccolta del liquido.

La Dott.ssa Cinzia Loi, Archeologa è la prima a destra nella foto

La pigiatura poteva avvenire anche all’interno di vere e proprie vasche mobili realizzate in pietra; munite di un beccuccio o di un foro di scolo, esse venivano posizionate sempre ad una quota più elevata rispetto alla vasca di raccolta, così da facilitare il deflusso del liquido di spremitura.

I dati relativi alla loro diffusione in Italia, in cui sono denominati anche “pestarole”, risultano ancora parziali e frammentari, benché sia accertata la loro concentrazione in Liguria, nelle zone appenniniche dell’Emilia Romagna. Il loro numero è particolarmente elevato nell’Etruria e nelle regioni della Magna Grecia.

Un insediamento produttivo costituito da tre palmenti scavati su un bancone di peperino grigio, è stato individuato a Chia, in località Colle Casale, a breve distanza dalla Torre Pasolini. Ciascuno comprende due vasche disposte in pendenza e collegate mediante un foro che si sviluppa in un vero e proprio gocciolatoio sporgente. Il primo palmento (impianto 1) è costituito da due vasche comunicanti attraverso un versatoio scolpito in posizione centrale, lungo uno dei lati brevi. La vasca di pigiatura presenta forma rettangolare con angoli arrotondati  (m 1,50 x 2,05 x 0,40 di prof.). La vasca di raccolta, posizionata ad una quota più bassa, misura m 1,20 x 1,10 x 0,38 di prof.; lungo il bordo si osserva una scanalatura funzionale forse alla raccolta del mosto dall’esterno, oppure alle operazioni di pulizia dell’impianto. In corrispondenza della vasca di pigiatura è presente una sorta di bacile di m 0,70 di diametro. Gli altri due impianti (impianti 2-3), situati a breve distanza, risultano accostati e disposti in senso opposto rispetto al precedente. Il palmento 2 mostra la vasca di pigiatura di forma rettangolare (m 2,10 x 2,60 x 210 x 0,90 di prof.); un gocciolatoio di scolo ben rifinito poneva in comunicazione i due ambienti. La vasca di raccolta, posta a una quota più bassa, presenta forma semicircolare (m 2,80 x 0,86 x 0,30 di prof.); il pavimento, ingombro di fanghiglia, impedisce di verificare la presenza della coppella di raccolta. Il terzo palmento risulta costituito anch’esso da due vasche di forma rettangolare; la vasca di pigiatura misura m 1,45 x 2,15 x 0,75 di prof., mentre quella di raccolta m 1,50 x 0,88 x 0,66/0,77 di prof.); un versatoio di scolo collegava le due vasche. Non si hanno, al momento attuale delle ricerche, notizie sul contesto archeologico di riferimento. Tuttavia, l’impianto 1 mostra stringenti confronti con alcuni manufatti rinvenuti in Sardegna. Questi ultimi, attribuiti al Tipo III, risultano caratterizzati dalla presenza di due vasche rettangolari o quadrangolari scavate più o meno in profondità. I palmenti di questo tipo erano già utilizzati nel secondo millennio a.C. nel Medio Oriente: numerosi i rinvenimenti in Palestina (Jenin II mill. a.C.). Lo studioso G.W. Ahlström attribuisce all’età del Bronzo gli impianti che presentano la vasca di pigiatura profonda solo pochi centimetri e una canaletta di scolo come elemento di collegamento con la vasca di raccolta. Oltre a ciò, significative indicazioni sono deducibili dall’analisi di singoli elementi strutturali. È questo il caso dei gocciolatoi presenti negli impianti di Chia, confrontabili anch’essi con quelli documentati in diverse vasche mobili (nuraghi Losa-Abbasanta, Orconale-Norbello e Crappida-Abbasanta) e in alcuni impianti fissi (Sas Lozas-Sorradile e Sos Eremos-Ardauli) censiti in un’area della Sardegna centrale, corrispondente alle regioni storiche del Guilcer e del Barigadu. Gocciolatoi analoghi caratterizzano anche simili manufatti di età romana rinvenuti nel nuraghe Arrubiu di Orroli. Si tratta di quattro vasche di pietra recuperate all’interno dei cosiddetti “laboratori enologici I-II” del nuraghe Arrubiu. Due mostrano un versatoio di scolo che rappresenta il riferimento di confronto con quelli di Sas Lozas, di Sos Eremos e dei manufatti individuati nei pressi dei nuraghi sopraccitato.

Insediamenti produttivi di Chia (Soriano nel Cimino – (VT)

L’indagine archeologica di alcuni dei palmenti sardi, scavati nei tavolati ignimbritici e calcarei caratteristici di questi luoghi, ha restituito materiali attribuibili all’età romana tardo-imperiale.

Si ringrazia il dott. Giacomo Mazzuoli per la segnalazione e per la collaborazione circa la descrizione dell’insediamento produttivo di Chia. 

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