Il Sambuco, Sambucus nigra, è un arbusto, alto fino a 9 metri, con tronco eretto e ramificato già dalla base; è sinuoso e spesso biforcato, ha rami grossi con corteccia grigia, e piccole lenticelle, con andamento arcuato e ricadente. E’ molto comune nelle nostre campagne, lo troviamo lungo i bordi delle strade, nei fossi, accanto ai vecchi ruderi, ai margini dei boschi. Predilige esposizioni fresche, un terreno fertile e umido. Nei rami più vecchi si possono creare cavità interne che nel passato hanno reso possibile l’utilizzo per ricavarne flauti, fischietti e cerbottane. La chioma si presenta espansa, densa e globosa. Oltre ai piccoli fiori bianchi raccolti in racemi presenta frutti, piccole drupe globose, prima verdi poi viola-nerastre, raggruppate in infruttescenze su peduncoli rossastri.
Vi invito a porre la massima attenzione nell’individuare il vero sambuco (Sambucus nigra), che ha fiori e frutti commestibili e non confonderlo con il falso sambuco (Sambucus ebulus o Ebbio) i cui frutti sono tossici. Mi raccomando non correte rischi, se non siete in grado di riconoscere la pianta, acquistatela in erboristeria o andate a raccogliere fiori e frutti con una guida esperta.
LA STORIA
Le leggende sorte attorno al sambuco si perdono nella notte dei tempi. Il sambuco è stato considerato a lungo, e da molti popoli, una pianta magica, protagonista di diversi rituali praticati a livello popolare, fonte di credenze e di superstizioni. I fiori emanano un forte profumo dolciastro, mentre le foglie hanno un aroma decisamente sgradevole. Ed è proprio questa duplice essenza che si ritrova anche nelle tradizioni antiche; in Germania era chiamato l’albero di Holda, una fata del folklore germanico medievale, dai lunghi capelli d’oro che abitava nei sambuchi situati vicino a laghi e corsi d’acqua ma che talvolta poteva apparire con le sembianze di una vecchia strega.
Il sambuco è una pianta che ha ispirato molte leggende e superstizioni: si racconta che il suo legno fu utilizzato per costruire la croce su cui Gesù venne crocifisso, che costituì l’albero al quale Giuda Iscariota si impiccò dopo il tradimento ed è per questi motivi che è diventato un simbolo di sofferenza. In Inghilterra si sosteneva, addirittura, che il sambuco non fosse un arbusto qualsiasi, ma addirittura una strega che aveva assunto le sembianze di una pianta. Tuttavia nei suoi riguardi numerosissime erano le credenze positive, che ne esaltavano le proprietà magiche e benefiche, tanto che fino all’inizio del secolo i contadini tedeschi si levavano il cappello come segno di grande rispetto, quando incontravano un sambuco nel loro cammino. Nell’Europa centrale i contadini si inchinavano sette volte davanti al sambuco a indicarne i sette poteri: radici, corteccia, germogli, foglie, fiori, bacche e midollo interno. Diciamo che il Sambuco è come il maiale…non si butta niente! Il sambuco, inoltre, fungeva da talismano, era sempre presente vicino ai monasteri e alle case perché si diceva che proteggesse da serpi, mali e incantesimi.
Il sambuco costituiva una delle principali piante legate ai rituali della Notte di San Giovanni, si diceva che se durante la notte, tra il 23 ed il 24 giugno, ci si fosse fermati sotto un albero di sambuco, si sarebbero visti passare il re della fate insieme alla sua corte. In Serbia e in Ucraina era tradizione portare un ramo di sambuco come dono di nozze, mentre in Svezia le donne incinte baciavano la pianta per propiziarsi una buona gravidanza. Il Sambuco era usato, inoltre, a scopo divinatorio per prevedere la qualità e l’abbondanza del futuro raccolto o la nascita di un figlio, osservando e valutando il volume o il colore dei fiori.
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Le testimonianze dell’impiego del sambuco risalgono ad epoche remote e tante sono le usanze legate alle sue proprietà. Il sambuco è una pianta officinale molto utilizzata ancor oggi in erboristeria, possiede numerosissime proprietà fitoterapiche. Ha avuto una grande tradizione nell’uso popolare ed anche in cucina.
I fiori essiccati possono essere usati per aromatizzare bevande alcoliche, amari, il vino bianco e l’aceto: l’odore si trasforma in lieve e piacevole aroma.
I fiori freschi, fritti in pastella e poi passati nello zucchero, sono un ottimo dessert, ottimi anche nelle insalate, nelle frittate e nelle macedonie. I frutti solo se ben maturi, possono essere mangiati, ma in genere vengono usati per la preprarazione di confetture e sciroppi. Il succo ricavato dai frutti oltre che un ottimo rimedio per la tosse può essere impiegato per tingere le fibre naturali, nelle varie tonalità del viola. Un tempo era impiegato come sostanza colorante per il cuoio e fino a qualche decennio fa, anche per ricavarne inchiostro. Castore Durante, grande medico e botanico del ‘500, consigliava anche i fiori di sambuco aggiunti nella botte del mosto per affinare il sapore del vino. Ancor oggi con i fiori si prepara un ottimo vino di sambuco. Ma il miglior utilizzo in cucina delle bacche mature è senz’altro la confettura.
In cucina oltre alla frittura dei fiori in pastella, costituita da acqua e farina, con l’aggiunta di una spolverata di sale possono fungere da appetitoso antipasto. Molto gradita è la versione con lo zucchero che costituisce un gustoso dessert. Con i fiori si può preparare un gustoso cocktail:
COCKTAIL ai fiori di Sambuco Ingredienti: 1 cl* di sciroppo di sambuco, 4 cl di spumante brut, 3 cl di acqua tonica, 3 foglie di menta, 2 foglie di melissa o di menta e abbondante ghiaccio. *(pari a circa 10 g)
Ed ecco infine una ricetta per un profumato Pan di maggio o pane ai fiori di sambuco. Occorrono una decina di fiori freschi, lavateli velocemente immergendoli in acqua e lasciateli asciugare per tutta la notte. Sgranate i fiori e tutti i piccoli fiorellini si staccheranno.
PAN DI MAGGIO Ingredienti: 500 g farina 0, 250 g di acqua tiepida, 10 g di sale, fiori di sambuco, 150 g di lievito madre o 25 g di lievito di birra
Preparazione: Disporre la farina a fontana dentro una ciottola capiente, aggiungere il sale e mescolare bene. Sciogliere il lievito nell’acqua tiepida e versare sulla farina, mescolare e cominciare a impastare. Riponete tutta la notte in frigo, al mattino mettete i fiori su un tagliere e adagiatevi sopra l’impasto, arrotolando più volte in modo da distribuire bene i piccoli fiori. Formate una ciambella, spennellate di olio evo e lasciate lievitare nel forno con la luce accesa per circa 3 ore. Cuocere a 200 C° in forno statico per circa 35/40 minuti.
Sociologa, da circa trent’anni sommelier, ha conseguito nel 2009 il master in Cultura dell’alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche. Ha svolto attività di relatrice nei corsi di formazione di numerose associazioni di sommellerie e sin dal 2006 collabora con EPULAE Accademia Enogastronomica Internazionale, di cui è stata, tra l’altro, cofondatrice e vicepresidente nazionale. Ha rivestito il ruolo di Consigliere nazionale di Slow Food Italia e di collaboratrice della guida Osterie d’Italia, menrtre permane il suo contributo alla guida dei vini Slow Wine e l’attività di relatrice nei Master of Food®. Nel 2008 ha ideato l’originale manifestazione a carattere nazionale: Laghidivini, il festival dei vini prodotti sulle sponde dei laghi italiani, che si tiene annualmente sul lago di Bracciano (RM). Da circa dieci anni si occupa di gastronomia storica, con particolare riguardo al Ducato di Bracciano e ai vini medicinali. Nel 2018 ha pubblicarto il suo primo libro, un saggio sulla gastronomia e la cosmesi rinascimentale (Alla corte di donna Isabella De’Medici Orsini. Racconti e ricette-YCP) e ha dato vita al suo blog personale www.sandraianni.it. Tra le varie esperienze figurano numerosi interventi in convegni a carattere nazionale, membro di giuria in competizioni per bartender, concorsi enologici e in commissioni di valutazione di eventi di ricostruzione storica. Collabora, sin dal 2007 come articolista alla web magazine Food & Wine Epulae News per il quale dall’autunno scorso cura una rubrica dedicata alle piante eduli. Recentemente con la Web TV si.Channel.tv ha avviato un progetto di webinar sulla storia della gastronomia.