EPULAE NEWS Il giornale dedicato ai vini, distillati, cibi, eventi, ospitalità e turismo esperienziale enogastronomico

Vino di Coca, una storia di proibizionismo e pregiudizio

di Gianfranco Quartu

La storia della bevanda più diffusa al mondo, la Coca-Cola, affonda le radici in un retroscena affascinante e controverso, che lega il suo inventore a un celebre tonico europeo, il Vin Mariani. Entrambe le bevande, nate nel XIX secolo, condividevano un ingrediente che oggi lascia davvero perplessi, l’estratto di foglie di coca, fonte della cocaina.

Prima che John Pemberton creasse il suo elisir analcolico negli Stati Uniti, in Europa spopolava il Vin Tonique Mariani. Inventato a metà del 1800 dal farmacista corso Angelo Mariani, era un vino tonico ottenuto da una miscela di vino Bordeaux e foglie di coca del Perù.

La ricetta originale prevedeva l’infusione delle foglie di coca nel vino per circa 20 giorni, insieme a bacche di cola, provenienti da un albero originario delle foreste tropicali dell’Africa. Seguiva poi la fortificazione con l’alcol. Il successo del Vin Mariani fu tale da conquistare le classi più influenti, con estimatori illustri come Emile Zola, Papa Leone XIII, lo Zar russo. Il declino arrivò con il proibizionismo sull’uso della coca.

Oggi peraltro il prodotto è rinato grazie al pronipote di Angelo, Christophe, che dal 2017 produce un “remake” legale. La versione moderna utilizza vino Vermentinu di Corsica, a cui si aggiungono distillato di foglie di coca ed estratto di bacche di cola. La distillazione elimina la componente psicotropa della coca, garantendo l’aroma e la piena legalità.

La storia americana invece inizia con il farmacista di Atlanta, John Pemberton. Veterano della Guerra di Secessione americana, Pemberton utilizzò la cocaina come antidolorifico nel 1884, quando la sostanza, derivata dalla pianta comune in Sud America, era percepita dalla classe medica come un elisir sicuro, capace di alleviare lo stress.

L’interesse di Pemberton per il mercato delle bevande alla coca non fu casuale. Inizialmente, tentò di replicare il successo europeo con una sua versione del Vin Mariani. Tuttavia, un divieto proibizionista adottato in Georgia lo costrinse a eliminare l’alcol e a focalizzarsi su una formula analcolica nel 1886.

Nacque così la Coca-Cola, il cui nome fa riferimento ai suoi due ingredienti chiave: la noce di cola e, appunto, l’estratto di coca (fonte di cocaina). Inizialmente, la bevanda fu brevettata come un rimedio contro il mal di testa, non come un semplice soft drink.

La formula contenente cocaina rimase sul mercato per circa quindici anni, periodo in cui la diffusione fu amplificata da Asa Griggs Candler, l’imprenditore che acquistò i diritti della bevanda da Pemberton.

L’eliminazione della cocaina dalla ricetta, avvenuta nel 1901, non fu una scelta igienico-sanitaria, ma un’azione dettata da un radicale cambiamento nella percezione pubblica e da un crescente clima di pregiudizio razziale.

A partire dalla seconda metà dell’Ottocento infatti, l’uso della cocaina cominciò a diffondersi anche tra la popolazione nera che lavorava nelle piantagioni del Sud per sostenere ritmi di lavoro estenuanti. Questo innescò un rapido e negativo mutamento di percezione da parte della classe bianca media. La cocaina fu presto disprezzata ed etichettata come una “droga di basso livello”, erroneamente associata all’aumento della presunta pericolosità della popolazione nera.

Inizialmente, Candler difese la ricetta, sostenendo che la quantità di estratto fosse irrisoria e servisse solo a rendere la bevanda energizzante. La vera pressione arrivò nel 1899, quando la Coca-Cola passò dalla distribuzione esclusiva nelle soda fountain (locali, ristoranti o fast food, nei quali era presente un apparecchio in grado di spillare le diverse bevande gassate, locali frequentati quasi solo da bianchi) alla vendita in bottiglia. L’opinione pubblica temeva che questo formato economico potesse permettere alla popolazione nera di procurarsi grandi quantità di bevanda.

L’articolo decisivo che spinse Candler all’azione fu pubblicato sull’Atlanta Constitution nel 1901, che criticava il legame tra la diffusione della cocaina e le bevande analcoliche economiche, accusate di “coltivare inconsciamente” un’abitudine alla droga.

Cedendo alla pressione pubblica e mediatica, nel 1901 Candler eliminò definitivamente le foglie di coca dalla celebre ricetta, segnando la fine di un’era e l’inizio della leggenda moderna della Coca-Cola.