Francesco Fenech: “Anima nobile” di Salina.


Mi attacco ai ricordi, è un atto di memoria, di pulizia mentale che mi fa dimenticare tutto il resto. Mi garba lasciare che i pensieri prendano il sopravvento sulle azioni quotidiane; forse non è altro che un delizioso escamotage per ritrovare la mia identità. Rivedo i forti colori dell’Isola di Salina, la profondità del mare e la limpidezza del cielo, la rigogliosa vegetazione e i vigneti che si confondono con le onde.
Riassaporo ad occhi socchiusi il gusto dei piatti dell’antica tradizione dell’isola e rivedo l’arcipelago in un fine giornata del mese di settembre. La luce naturale è da dipinto mentre la brezza del mare mi penetra nei polmoni e i raggi del sole accarezzano le isole donando loro una sembianza tale da rasserenare l’anima. I colori, i profumi e i sapori, le uve poste sui graticci ad appassire, i capperi nel sale e il duro lavoro delle persone. Le isole Eolie: sette gemme che da millenni incantano i viaggiatori.
Tra i ricordi non può mancare il vino, il vino di queste piccole terre emerse che ha dalla sua una storia antichissima; ne siamo a conoscenza grazie agli scavi archeologi che ci insegnano che proprio a Salina e a Filicudi sono stati ritrovati vinaccioli bruciati di vitis vinifera risalenti ad almeno 4000 anni fa.
Malvasia: il vino eoliano di sempre. Fin dal basso Medioevo, secondo le testimonianze. Della sua storia ne ho scritto in passato mentre oggi il mio pensiero va ad una persona che ho avuto il grande piacere di incontrare e conoscere vent’anni fa. Se il vino Malvasia vanta un trascorso millenario Francesco Fenech e la sua famiglia ne hanno percorso ben due secoli di quei millenni. Francesco, vero e indiscusso messaggero della storia che lega l’uomo ai suoi antenati con il gusto unico dei suoi prodotti.


Io e Francesco ogni tanto ci ritroviamo, ad un evento enologico, ad una fiera, ad un concorso o proprio a Malfa, ovvero quella parte dell’isola di Salina dove ha sede la sua Azienda Agricola, e ad ogni incontro non mi ha mai fatto mancare il suo buon cuore, la sua generosità, l’amore per la sua terra e il grande senso dell’ospitalità.
Francesco lavora con immenso rispetto della natura e dei suoi cicli, opera con metodi di coltivazione biologica che, calcolando anche l’esiguità delle produzioni, produzioni eroiche in tutti i sensi, donano ai prodotti una qualità molto elevata. Vi parlo della Malvasia delle Lipari, frutto di un’antichissima tradizione radicata su queste isole fin dalla notte dei tempi. Un vino decisamente nobile dall’aroma intenso e il sapore delicatamente dolce e dal colore deliziosamente dorato.
Produrre questo incanto di vino significa vendemmiare alla fine del mese di settembre, quando le uve risultano in uno stato di maturazione avanzato, per poi esporle al sole per un paio di settimane sopra a delle listarelle di canne che a Salina vengono chiamate “cannizzi”. A seguire si procede con la trasformazione in mosto e la vinificazione mediante macerazione a bassa temperatura per una dozzina di ore circa e con la fermentazione in silos d’acciaio. Dopo un periodo di affinamento in bottiglia ne viene consentita la vendita dal primo giorno del mese di giugno successivo.
Francesco Fenech non produce solo Malvasia dolce, da qualche anno infatti ha messo a punto la produzione della versione secca dedicandola alla figlia Maddalena. Ha di fatto eliminato le nota zuccherina che da sempre identifica questa tipologia di vino e, in entrambe le versioni, non posso che dire che le trovo decisamente interessanti. La Malvasia secca evidenzia la volontà del suo autore di fare emergere tutte le note del vitigno in termini di profumi e gusto. Ne è nato un vino perfetto da abbinare agli antipasti e alle ricette a base di pesce, un vino dal sapore intenso e persistente.


Tra i vini prodotti da Francesco Fenech menziono con piacere un bianco 100% Inzolia, un rosso 100% Nero d’Avola e una piccola chicca realizzato dall’uva tipica Corinto Nero. Il vino in questione si chiama Disiato ed è una produzione veramente limitata di poche bottiglie per veri intenditori.


Viaggio ancora con la memoria mentre mi sovvengono i capperi di Salina. La raccolta delle gemme dei fiori del celebre arbusto perenne si svolge da Maggio ad Agosto, una volta raccolti devono essere sistemati in un luogo fresco sopra dei teli di juta in modo tale che se impedisca la sbocciatura. I capperi sono un ingrediente straordinario per un mare di piatti, dai più tradizionali a quelli di fantasia. Lo ammetto, amo i capperi e quelli di Francesco cerco di non farmeli mancare mai.


Come ho già detto di Salina, dei suoi vini e della sua bellezza da capogiro ne ho scritto in più occasioni, ne ho parlato alla radio e in televisione, così come ho incontrato e raccontato la storia di altri produttori, persone meravigliose che mi hanno sempre fatto sentire uno di loro. Oggi, forse un gioco della mente, ho pensato a Francesco, lui e il suo copricapo tipico dell’isola dal quale mai si distacca e che io mi sono comperato l’ultima volta che ho raggiunto le Eolie. Lui e il suo buon cuore, il suo sorriso, i suoi vini e il suo essere meravigliosamente “Anima di Salina”.