Ricca, bella e vinosa. Sono questi gli aggettivi che vengono alla mente di chi ha la fortuna di spendere qualche giorno alla scoperta di questa meravigliosa cittadina della Côte d’Or della Borgogna francese, tempio di vini che fanno battere tanti cuori.
Ricca perché è il simbolo della trasformazione dell’industria del vino che ormai da fine Settecento caratterizza la regione. La rivoluzione francese ha sostituito i monaci medievali con i borghesi: la nuova classe di négociant è stata ed è molto meno discreta dei cistercensi.
Le sue ville si dispongono a corona attorno ai viali che delimitano il centro medievale e, benché si sforzino di sembrare costruzioni anonime ed ordinarie, sono dei veri e propri gioielli dell’arte neoclassica ed eclettica. Questa è una ricchezza facilmente osservabile, ma ne esiste un’altra ben più discreta ed affascinante. Per svelarla basta sedersi ad un qualunque tavolo di un qualunque ristorante del centro e non centro città. La carta dei vini proposta è di tale livello da far impallidire anche l’enologo più esperto. Decine di annate e decine di denominazioni diverse si presentano con una tale naturalezza da far capire all’avventore che non bisogna aspettare un grande evento per stappare qualche cru d’eccezione. Forse, una delle strade per capire la grandiosità della zona è proprio quella di stappare un Santenay Premier Cru con un piatto di escargots da 9 euro. Accordo eccezionale.
Bella perché ha saputo conservare il suo fascino passato contaminandolo con influssi postmoderni. Il suo ipercentro è ancora costruito sui resti dell’oppidum gallo-romano e il palazzo dei suoi Duchi, ora scricchiolante Museo del Vino, è testimone di un’epoca di costruzioni a graticcio e cortili difesi da alte mura.
L’adiacente Basilica di Notre Dame conserva poi un arazzo di grande pregio e di una dolcezza infinita sulla storia di Maria. La dolcezza dei suoi dettagli floreali e i grandi panneggi ci dimostra che le genti che hanno popolato questa terra non sono mai state insensibili alla grazia e al buon vivere. Parlando di Beaune non si puo’ proprio non citare l’Hotel Dieu, memoria di un tempo di cui gli uomini influenti temevano ancora il giudizio di Dio e cercavano di salvare la propria anima con grandi investimenti in beneficienza. Tale Nicolas Rollin e sua moglie Guigone de Salins finanziarono la costruzione di un ospedale dai tetti policromi e dalle vaste e tardo-gotiche proporzioni. Il respiro europeo di Beaune non lascia adito ad alcun dubbio quando si varca l’ultima sala dell’ospedale in cui si conserva il polittico del fiammingo Van Der Weyden. Un operoso Arcangelo Michele intento a pesare le anime dei defunti invita il passante ad augurarsi, nel momento venuto, di trovarsi dal lato giusto della bilancia.
Infine, la vinosa. Beaune concede il suo nome alla famosa Côte che raggruppa i bianchi reputati migliori al mondo. Mersault, Puligny e Chassagne Montrachet e Aloxe-Corton di cui un cru ha lettere di noblesse che arrivano fino al grande imperatore Carlo Magno. Sarebbe pero’ limitante ricordare solo le glorie che hanno riscontrato il successo mondiale, anche perché apprezzare davvero la singolarità dei suoi vini significa soprattutto stappare dei Savigny-lès-Beaune, Chorey-les-Beaune, Pernand-Vergelesses. Proprio perché per creare un Montrachet, un polittico di Van der Weyden o una villa eclettica di inizio novecento servono proprio i Savigny-lès-Beaune, Chorey-les-Beaune e Pernand-Vergelesses.
Francesco Piccat, nato a Saluzzo nel 1991. Vive e lavora a Parigi. È un esperto conoscitore e degustatore dei vini francesi. Ha ottenuto la menzione distinzione al WSET 3.