Il termine generico cavolo, deriva dal latino caulis (fusto, stelo) e floris (fiore), il nome scientifico è Brassica oleracea, appartiene alla grande famiglia delle brassicacee o crucifere che comprendono dalla rucola alle rape, dai ravanelli al cavolfiore. Esistono molte varietà selvatiche e numerosissime sono quelle coltivate che si differenziano nella forma, nel colore e nel gusto. Tra le più comuni: cavolo broccolo, broccoletto, cavolfiore ocavolo bianco, cavolini di Bruxelles, cavolocappuccio, cavolo nero o toscano e cavolo rapa; tanto per citarne solo alcuni tra i più noti. Si tratta di ortaggi tipicamente invernali di cui si consumano le foglie o le infiorescenze non ancora giunte a maturazione. Ecco uno schema che rende estremamente semplice visualizzare l’evoluzione del cavolo selvatico.
Conosciuto fin dall’antichità, il cavolo era considerato sacro dai Greci. I Romani lo utilizzavano per curare le più svariate malattie e lo mangiavano crudo, prima dei banchetti come ci testimoniano Catone e Plinio. Presso le popolazioni marinare il cavolo, insieme alla cipolla, era l’alimento tipico degli equipaggi delle navi, utilizzato per compensare le diete, necessariamente povere, durante i lunghi viaggi. Per molti secoli, nelle regioni dell’Europa centrale, il cavolo era l’unico alimento che durante l’inverno garantiva vitamine e minerali pertanto costituiva un simbolo di fecondità e di vita, veniva raccolto dopo nove mesi dalla semina, proprio come il tempo di gestazione dei bambini. La piantagione e la raccolta dei cavoli erano affidati alle donne che venivano chiamate levatrici, proprio come quelle che aiutavano la futura mamma durante il parto e poiché avevano il compito di recidere il “cordone ombelicale” che legava il cavolo alla terra; da qui la leggenda che i bambini nascano sotto ai cavoli.
Un detto molto celebre è costituito dall’affermazione: salvare capra e cavoli. Un modo di dire con cui si intende salvaguardare in una decisione gli interessi di due differenti soggetti. Il detto nasce da una sorta di gioco di logica, il cui obiettivo è trasportare, a bordo di una barca, da una riva all’altra di un fiume: un lupo, una capra e dei cavoli. Dato che la barca non può trasportare più di una cosa contemporaneamente, il giocatore deve trovare l’esatto ordine di azioni affinché il lupo non mangi la capra o la capra non mangi i cavoli. Assumendo che il lupo, in quanto carnivoro, a differenza della capra non mangi i cavoli, provate a ricordare la soluzione di questo piccolo enigma, con il quale da bambini vi sarete senz’altro cimentati, gioco trasformatosi nel tempo nel detto proverbiale: salvare capre e cavoli!
Il cavolo è protagonista di numerosi modi di dire, soprattutto quelli che rimandano al suo scarso valore commerciale e che lo rendono cosa da poco, e in secondo luogo quelli che ne fanno un sostituto volgare, a causa di una vaga assonanza fonetica, per indicare l’organo genitale maschile. Tra i numerosi i modi di dire popolari che si riferiscono a tale ortaggio figurano: farsi i cavoli propri, che sta a significare farsi i fatti propri senza accettare intromissioni dagli altri; non capire un cavolo che equivale a dire non capire niente. Non fare un cavolo o non valere un cavolo, sotto intende, in tono dispregiativo, il non far niente, il non valere niente. Come i cavoli a merenda rimanda alla poca o assente attinenza con l’argomento o il fatto di cui si tratta. Cavolo si ritrova, poi, nelle esclamazioni di stupore, ira, rammarico, approvazione o disapprovazione. Infine nella raccomandazione: non fare (o dire) cavolate! Mentre il termine broccolo deriva da brocco, cioè germoglio, infiorescenza ma al tempo stesso indicava un vecchio cavallo, un ronzino e poi per estensione un uomo sciocco, credulone.
I cavoli sono tra le crucifere più coltivate in Italia soprattutto nelle regioni centro-meridionali (Lazio, Marche, Toscana, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia), sono un ortaggio estremamente versatile. Vengono utilizzati in cucina per la preparazione di zuppe, minestre, risotti; gustati crudi nell’insalata o cotti come contorno. Tra le preparazioni di eccellenza: il broccolo romanesco lessato in poca acqua salata, servito caldo con olio evo, pepe e sale; i broccoletti ripassati in padella insieme alle salsicce; il cavolo verza perfetto involucro per fare involtini ripieni di prosciutto cotto e mozzarella. Il cavolo rosso che dona un colore vivace ed invitante ad un risotto. Il cavolo toscano, o cavolo nero, ingrediente fondamentale della ribollita o il cavolfiore bianco che pastellato e fritto diventa irresistibile. Anche la geometria trova ispirazione nelle brassicacee, infatti il broccolo costituisce un esempio perfetto per rappresentare un frattale, cioè un particolare oggetto geometrico che ripete la stessa forma allo stesso modo su scale diverse, e dunque ingrandendo una qualunque sua parte si ottiene una figura simile all’originale. Rifletteteci guardando con attenzione l’immagine accanto. Concludo con una selezione di immagini che riportano questo affascinante ortaggio nel mondo dell’arte. Dalle scene del quotidiano di Vincenzo Campi al dipinto di Bartolomeo Bimbi, pittore alla corte medicea; dalla natura morta dello spagnolo Juan Sanchez a quella di Caravaggio, da Renato Guttuso all’artista contemporaneo Piero Gilardi.
Vincenzo Campi, La Fruttivendola, (XVI secolo)
Bartolomeo Bimbi, Cavolo e rapa mostruosa, (sec. XVIII)
Juan Sanchez Cotan, Mela cotogna, cavolo, melone e cetriolo, 1604
Caravaggio, Natura morta con cavolo e zoccoli, 1881
Renato Guttuso, Bucranio e foglie di cavolo, olio su tela, 1942
Piero Gilardi, Cavoli nella neve, tecnica mista, 1984
Dopo aver solleticato la vostra curiosità con notizie, aneddoti ed immagini non mi rimane che spingervi ad allenare con il vostro senso del gusto con una semplice e gustosa ricetta in tema.
Ricetta: Crema di broccoletti
Ingredienti:150 g di cimette di broccoletti, uno spicchio d’aglio, 40 g di olio evo, 1/4 di cucchiaino di peperoncino in polvere, 70 g di pecorino grattugiato, dieci mandorle pelate.
Realizzazione: Lessare i broccoletti in pochissima acqua bollente salata, frullare, aggiungere olio, peperoncino, pecorino e mandorle. Utilizzare la crema per farne tartine su pane casereccio grigliato o per condire la pasta.
Sociologa, da circa trent’anni sommelier, ha conseguito nel 2009 il master in Cultura dell’alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche. Ha svolto attività di relatrice nei corsi di formazione di numerose associazioni di sommellerie e sin dal 2006 collabora con EPULAE Accademia Enogastronomica Internazionale, di cui è stata, tra l’altro, cofondatrice e vicepresidente nazionale. Ha rivestito il ruolo di Consigliere nazionale di Slow Food Italia e di collaboratrice della guida Osterie d’Italia, menrtre permane il suo contributo alla guida dei vini Slow Wine e l’attività di relatrice nei Master of Food®. Nel 2008 ha ideato l’originale manifestazione a carattere nazionale: Laghidivini, il festival dei vini prodotti sulle sponde dei laghi italiani, che si tiene annualmente sul lago di Bracciano (RM). Da circa dieci anni si occupa di gastronomia storica, con particolare riguardo al Ducato di Bracciano e ai vini medicinali. Nel 2018 ha pubblicarto il suo primo libro, un saggio sulla gastronomia e la cosmesi rinascimentale (Alla corte di donna Isabella De’Medici Orsini. Racconti e ricette-YCP) e ha dato vita al suo blog personale www.sandraianni.it. Tra le varie esperienze figurano numerosi interventi in convegni a carattere nazionale, membro di giuria in competizioni per bartender, concorsi enologici e in commissioni di valutazione di eventi di ricostruzione storica. Collabora, sin dal 2007 come articolista alla web magazine Food & Wine Epulae News per il quale dall’autunno scorso cura una rubrica dedicata alle piante eduli. Recentemente con la Web TV si.Channel.tv ha avviato un progetto di webinar sulla storia della gastronomia.