Di Mario Liberto e Francesco Bruscato
Nonostante l’olio extravergine di oliva accompagni le pietanze più prelibate della nostra tavola, con prerogative di esaltare il sapore dei cibi, continua ad essere un alimento sconosciuto per la maggioranza dei consumatori. Si conoscono inoltre, i processi della trasformazione, nonché la metodologia relativa all’analisi sensoriale, e come succede per il vino, essere abbinato ai piatti. Pertanto, bisogna necessariamente conoscere le dritte agronomiche e tecniche per fare un olio di qualità.
Oltre ad avere una buona materia prima bisogna mettere in atto un sistema di controllo dell’intero processo costruendo un percorso a garanzia della qualità: dal campo al frantoio.
Ma come si fa per ottenere un olio extra vergine d’oliva di qualità?
Un olio extravergine di oliva deve mantenere le caratteristiche del frutto da cui si estrae, pertanto, non deve essere manipolato chimicamente assicurandosi che la composizione acidica, sterolica e fenolica sia armonicamente equilibrata in modo da esaltare le caratteristiche del prodotto finito.
Al riguardo, occorre sapere che l’olio è costituito, dall’ 98 – 99% da una parte lipidica, mentre il restante 2% contiene una parte non lipidica.
La componente lipidica (grassi) contiene acidi grassi quali: l’oleico, il palmitico, lo stearico, il linoleico, le cui percentuali variano a seconda della varietà; questa frazione influenza l’acidità, la fluidità e la sapidità dell’olio di oliva.
Nella parte non lipidica troviamo: i pigmenti, le aldeidi, i polifenoli e la vitamina “E”.
Elementi da tenere sempre in considerazione per l’individuazione della qualità:
la classica colorazione verdastra di un olio giovane dipende da:
- pigmenti (sostanze coloranti vegetali);
- clorofille sono presenti in maggiore quantità nell’olio giovane;
- caroteni invece si evidenziano nell’olio maturo a cui conferiscono la colorazione giallo ambra;
- le aldeidi, composti volatili, caratterizzano il sapore e l’odore di fruttato dell’olio;
- i polifenoli influiscono sulla sua capacità di conservazione.
Come produrre un grande olio extravergine di oliva:
Produrre un grande olio significa soprattutto conservare le componenti minori dell’olio extravergine di oliva d’oliva costituiti da:
- composti volatili
- composti fenolici.
La presenza e la quantità di questi componenti minori nell’olio extravergine di oliva dipende dalle pratiche agronomiche e variabili tecnologiche: la cultivar, il grado di maturazione del frutto, così come il processo di estrazione, in particolare frangitura e gramolazione.
Pertanto, l’attenzione deve essere posta a tutte le fasi dalla produzione alla trasformazione, nello stoccaggio o nel trasporto o nella scelta dell’impianto di estrazione un errore risulta fatale per modificare il contenuto e il profilo dei componenti fenolici e volatili nell’olio.
Percentuale della varie fasi per la determinazione della qualità dell’olio:
20% dal sistema di estrazione
5% dalla conservazione dell’olio
15% dalla varietà
20% Conservazione delle olive
10% metodo di raccolta
30% Momento della raccolta
Come si evidenzia dalla percentuale sopra riportata, la qualità di un olio di oliva è determinata da due stadi:
- il primo corrisponde a quello della coltivazione vera e propria della pianta (scelta varietale, cure colturali e raccolta);
- il secondo coincide con le cure rivolte alle olive dalla raccolta alla estrazione dell’olio ed alla sua conservazione.
È bene sottolineare che volutamente parliamo di olio vergine ed extravergine perché solo queste due tipologie sono, per legislazione, ottenute da un procedimento meccanico di “spremitura” delle olive. Tutte le altre tipologie, inclusa la semplice “olio di oliva” subiscono trattamenti chimici cosiddetti di raffinazione.
Ma veniamo ad alcuni accorgimenti:
La varietà
Ogni varietà possiede delle proprie caratteristiche genetiche che influenzano la qualità dell’olio, come la quantità e la qualità degli acidi grassi, la presenza di aldeidi e l’entità di polifenoli (o flavor). Tra l’altro le varie cultivar hanno caratteristiche ben distintive: oli fragranti, piccanti, dolci, aciduli, ecc. da sempre mescolati non hanno dato oli puri. Il primo suggerimento da dare è quello di produrre oli extravergine d’oliva monovarietale, quando è possibile, per esaltare il gusto e quindi l’accostamento a questo o a quell’atro piatto. La cultivar biancolilla molto delicata potrebbe essere utilizzata per condire le insalate verdi, mentre per condire carni dal sapore particolare, come la carne alla brace utilizzare la Nocellara del Belìce. Ricordiamo che una volta scelta la varietà è importante rivolgere delle cure razionali alla pianta per ottenere una buona e sana produzione di frutti, che diano un pregevole olio.
Le principali operazioni colturali:
Lavorazioni al terreno
Indispensabile per il mantenimento della sofficità del terreno, per ben aerarlo e inoltre per nettarlo dalle erbe infestanti; si incomincia inoltre ad attuare una minima coltivazione per favorire una riduzione dei costi di produzione e per evitare la costipazione del suolo.
Concimazione
Utile per integrare gli elementi nutritivi del terreno utilizzati dalla pianta, in modo da aiutare la crescita, la fioritura, l’allegagione, la produzione e l’inolizione del frutto.
Potatura
Consente di migliorare la circolazione dell’aria e la illuminazione della chioma stessa.
Difesa integrata
Serve a proteggere la pianta da eventuali attacchi di parassiti vegetali e da insetti, tra i quali la dannosissima “mosca olearia”, facendo un uso moderato di prodotti anti parassitari
Raccolta
Questa operazione comprende la scelta del momento e del metodo, incide per il 40% sulla qualità dell’olio.
È consigliabile raccogliere quando i frutti già invaiati sono tra il 50% e il 70% della produzione e la restante parte non è matura o sta invaiando, cioè quando la buccia tende verso la colorazione rosso vinosa. In questo stadio le drupe raggiungono il maggior grado di inolizione, quindi, la maggiore resa e il maggior tenore in polifenoli, che sono determinanti per la migliore conservabilità dell’olio stesso.
Comunemente si dice che i frutti iniziano ad accumulare olio conclusa la fase di indurimento del nocciolo fino alla metà-fine di ottobre, quando il processo di inolizione rallenta fortemente per arrestarsi a seguito del calo delle temperature.
L’intensità e la tempistica di questo processo, detto di invaiatura, varia in funzione di molti fattori: varietà, andamento climatico, carico di frutti. Un altro indicatore che può essere preso in esame è la durezza della polpa che diminuisce col procedere della maturazione. È noto che parallelamente all’ammorbidimento della polpa si innescano fenomeni ossidativi o comunque peggiorativi della qualità dell’olio.
Inoltre, si ricordi che tanto più le olive rimangono sull’albero tanto maggiori saranno gli effetti negativi su induzione e differenziazione delle gemme a fiore, quindi a scapito della produzione dell’anno successivo.
I polifenoli, infatti, difendono l’olio dai processi ossidativi che attaccano gli acidi grassi, evitando la sua ossidazione e il suo successivo irrancidimento.
L’olio ottenuto in questo momento, oltretutto, non avrà né sapore di secco, tipico di quando si ritarda la raccolta, né di aspro come quando la si anticipa oltremodo.
Inoltre, raccogliendo in questo momento si attenuerà il fenomeno dell’alternanza di produzione, in quanto la raccolta del frutto, per tempo, permetterà alle gemme a fiore di differenziarsi per bene, garantendo la produzione per l’annata successiva.
Come raccogliere?
Poiché la raccolta manuale, con la brucatura è particolarmente costosa, è consigliabile l’uso di macchine agevolatrici con pettini e scuotitori integrati dall’uso di reti. In ogni caso è inopportuno raccogliere le olive da terra in quanto potrebbero presentare lesioni ed essere imbrattate.
È sconsigliabile, infine, effettuare delle bacchiature all’albero in quanto causerebbero delle ferite alle olive e ai rami dando la possibilità a microrganismi dannosi di accedere all’interno delle piante e del frutto.
Come trasportare le olive al frantoio
Il migliore stoccaggio delle olive si ottiene mettendole in cassette a pareti rigide fessurate, che permettano un buon impilamento e un buon arieggiamento durante il trasporto evitando schiacciamenti e ammuffimenti delle masse. Si dovrà evitare, quindi, l’utilizzazione di grossi sacchi di plastica o peggio ancora di ammassare prodotto sfuso nei camion.
Al frantoio cosa occorre fare
Una volta scelto il sistema di estrazione bisogna accertarsi dell’igiene degli impianti, della temperatura dell’acqua di diluizione delle paste (estrazione a ciclo continuo), dell’efficienza dei separatori quindi occorre far lavare le olive e molirle subito, sempre e comunque prima di 24 ore dalla raccolta.
Gramolatura
Ciò che rimane delle olive dopo la molitura è una sorta di pasta che dovrà per l’appunto essere “impastata” (gramolatura) in modo da favorire la separazione delle molecole di acqua da quelle dell’olio (che si erano emulsionate cioè unite nella frase precedente di molitura).
È una fase piuttosto lunga (dai 40 ai 60 minuti circa). La pasta deve essere mantenuta ad una temperatura fissata, normalmente attorno ai 27°. È proprio da questa fase che è stato coniato il termine “spremitura a freddo” (per onestà un po’ fuorviante). L’occhio esperto del frantoiano saprà dire quando la pasta è pronta, cioè quando incominciano ad affiorare sulla superficie della pasta delle goccioline di olio che unendosi tra loro diventano ad un certo punto visibili anche ad occhio nudo.
Una curiosità: esistono dei produttori che prelevano (con una certa difficoltà) l’olio che affiora dalla pasta, ottenendo quello che è per l’appunto chiamato olio “affiorato”.
Estrazione
Quando la pasta è pronta viene fatta passare dentro una centrifuga ad asse orizzontale (decanter) che sulla base dei diversi pesi specifici separa le parti solide (sansa) da quelle liquide (acqua e olio).
La sansa viene spesso utilizzata per ottenere ulteriormente olio tramite raffinazione (olio di sansa grezzo) oppure come combustibile.
A livello di curiosità si segnala che la centrifuga non è l’unico modo di estrarre l’olio dalla pasta. Il metodo antico era quello di inerire la pasta dentro a dei contenitori a forma di disco realizzati con fibre vegetali o sintetiche. Il tutto poi veniva sottoposto ad elevate pressioni in modo da far fuoriuscire l’olio. Sebbene non del tutto dismesso è sempre più difficile trovare frantoi che lavorino con questo metodo.
Per terminare il processo è necessario separare totalmente l’acqua dall’olio. Per farlo si utilizza un altro tipo di centrifuga ad asse verticale.
Non sarà bello limpido come siamo abituati a gustarlo. Saranno infatti presenti in sospensione minuscole particelle di materia solida che non si sono completamente disgiunte nelle fasi precedenti. E’ sufficiente lasciare riposare l’olio per qualche giorno in modo che le particelle si depositino sul fondo.
Per motivi puramente estetici è comunque normale prassi filtrare con modalità diverse l’olio in modo da renderlo limpido, così come siamo abituati a vederlo!
Conservazione dell’olio
Ottenuto l’olio sarà opportuno conservarlo in contenitori di acciaio inox oppure in contenitori di vetro scuro o di coccio per difenderlo dall’azione deteriorabile della luce; non dovrà, comunque, essere mai conservato in recipienti di plastica che cederebbero sapori e odori sgradevoli. Infine i recipienti così riempiti si collocheranno in ambienti freschi e bui. Il motivo che sta alla base della criticità di questo processo è molto semplice: le olive cominciano a deteriorarsi (ossidazione, fermentazione, ecc.) dall’istante successivo alla raccolta. Tale processo aumenta all’aumentare delle ore, della temperatura e della pressione. I produttori che si impongono un obiettivo di qualità normalmente sostituiscono l’aria presente in questi contenitori tra l’olio ed il coperchio con dei gas inerti quali ad esempio l’azoto. In questo modo si eliminano i processi di ossidazione che altrimenti avverrebbero in presenza d’aria e quindi di ossigeno. Successivamente l’olio sarà imbottigliato in modo più o meno automatizzato in relazione alle dimensioni del produttore.
Quali difetti può presentare un olio
Quando non si attuano i precedenti consigli l’olio ottenuto può presentare dei difetti, che condizionano la qualità dell’olio.
I difetti riscontrabili sono di tre tipi:
- dalle olive;
- dal tipo di estrazione e dall’igiene degli impianti;
- dalla cattiva conservazione.
Difetti dipendenti dalle olive:
- Verme – Dovuta ad una scarsa e sbagliata difesa della pianta, per cui si riscontra nel frutto la presenza di un grosso numero di larve di mosca olearia, che danno un caratteristico sapore all’olio.
- Terra – Causato dal fatto che le olive raccattate da terra avendo subito lesioni sono imbrattate di terreno.
- Aspro – Si avverte quando si raccoglie anticipatamente.
- Muffa, Avvinato, Riscaldo – Dipendono dal cattivo stoccaggio delle olive trasportate e da una sosta lunga al frantoio prima di essere molite. In questi casi iniziano dei processi fermentativi e si sviluppano delle muffe a causa dell’alto tasso di umidità e dallo scarso arieggiamento della massa.
Difetti dipendenti dalla molitura:
- Fiscolo – Si manifesta quando in un impianto di lavorazione tradizionale i fiscoli (dischi) sono sporchi e usurati per cui trasmettono caratteristiche sgradevoli all’olio.
- Cotto – Si palesa quando nell’impianto di tipo continuo si aggiunge acqua troppo calda durante la gramolatura per cui l’olio assume il sapore di pasta di olive cotta.
- Metallico – Si ritrova negli impianti di estrazione quando questi non sono ben rivestiti nelle loro parti metalliche, per cui cedono ioni metallo all’olio caratterizzandone negativamente il sapore.
- Morchia – Dovuto ad un lungo contatto dell’olio con le acque di vegetazione.
Difetti dipendenti da una cattiva conservazione:
Irrancidimento
Dipende dal contatto diretto dell’olio con l’aria e per esposizione alla luce.
Agronomo, storico dell’enogastronomia mediterranea, scrittore e giornalista. E’ stato presidente regionale dell’ARGA, Associazione Regionale dei Giornalisti esperti in agricoltura, ambiente, agroalimentare, turismo rurale, pesca e territorio, organo di specializzazione della Federazione Nazionale della Stampa, scrive per diverse testate giornalistiche nazionali. E’ presidente regionale e vicepresidente nazionale dell’Accademia Internazionale Epulae, segretario generale della Federazione Internazionale dei Giornalisti e Scrittori di Turismo (Flai – Fijet). Ha insegnato Enogastronomia, Vitivinicoltura, Agroalimentare e Turismo Rurale (Terza area) presso gli Istituti Professionali Alberghieri ed Agrari: Paolo Borsellino di Palermo, Ugo Mursia, Sen. G. di Molinari di Sciacca e Calogero Don Vincenti di Bisacquino, nonché in diversi corsi di formazione di Enti Professionali. E’ stato componente come giurato di diverse gare enogastronomiche a carattere nazionale.
Ha al suo attivo diverse pubblicazioni come: I prodotti dell’Isola del sole, Sicilia Rurale, Guida all’Agriturismo siciliano, edizione 2007 e 2008, La Sicilia a cavallo, Sicilia the Excelland, Guida alle agevolazioni contributive e creditizie in agricoltura, per conto della Regione Siciliana; La Riserva Naturale Orientata dei Monti di Palazzo Adriano e Valle del Sosio; La Riserva Naturale Orientata di Monte Carcaci; La Riserva Naturale Orientata di Monte Genuardo e Santa Maria del Bosco, per l’Istituto Poligrafico Europeo; Il Parco dei Monti Sicani, Edizione Sikana Progetti d’Arte; I pani votivi di S. Giuseppe a Chiusa Sclafani e la mostra etnografica di Palermo (1891/92), Ispe Archimede; Atlante del pane di Sicilia, per il Consorzio “Gian Pietro Ballatore”; Cento e più idee per valorizzare le aree rurali, Ed. Ispe Archimede; Cuscus: Storia, cultura e gastronomia, Casa Editrice AGRA Roma; I frutti di Sicilia nell’opera di Gianbecchina con testi di Mario Liberto, Andrea Camilleri, Maria Luisa Spezzani, per il Consorzio Agrario di Palermo; Legumi: gioielli d’Italia, Casa Editrice AGRA Roma; La cucina dei Monsù nel Regno delle Due Sicilie, Ed. Kalòs; Couscous Koinè culturale dei popoli, Ed. Kalòs; Legumi sostenibili: buoni per buongustai, vegetariani e vegani.