Mas de Rey: quando Chasan, Caladoc e Marselan fanno rima con autenticità ed eccellenza.

Nel vasto regno del vino dove le varietà classiche come il Cabernet Sauvignon e lo Chardonnay sono spesso al centro della scena, esiste un mondo di vitigni rari e meno conosciuti che aspettano di essere degustati. Questi tesori nascosti offrono agli appassionati di vino l’opportunità di scoprire nuovi orizzonti organolettici, incontrare nuove sensazioni estetiche e apprezzare la maestria dei viticoltori che coltivano queste uve straordinarie. Per poter conoscere questo coraggio però bisogna uscire dai sentieri più battuti ed evitare le tenute più blasonate.

Siamo in Provenza, a pochi chilometri dalla romana Arles e proprio nel luogo in cui il Rodano si divide nei due canali che lo congiungono al mar Mediterraneo. Sulla strada che porta dalla città a Saint Gilles troviamo un antico Mas, dal latino mansio, antica stazione di posta prima dei soldati romani e poi delle carovane commerciali del sale e dell’olio.
Entrando notiamo dei lavori in corso, elemento tangibile della voglia di investire in un territorio e in un’idea. Sulla sinistra una vecchia cappella rinascimentale ci conduce ad una grande galleria in cui una sfinge affrescata controlla chi entra e chi esce. Marion Corneille, proprietaria della tenuta, ci accoglie con Mélissa Verdier, responsabile del Caveau. Facendoci visitare i luoghi ci ricorda subito che il suo Mas è il più antico della Camargue dato che nessun altro ad oggi vanta una produzione ininterrotta di vino dal 1843.

Come sa chi deve far quadrare i conti di casa, Marion propone alla clientela diverse tipologie di vini. L’entrata di gamma è la collezione “L’esprit” in bianco, rosé e rosso. Si tratta di assemblaggi di vari vitigni che rendono il vino molto piacevole e fruttato. La versione in bianco, blend di vermentino, chasan, viogner e chardonnay, ha vinto la medaglia d’oro al concorso delle IGT francesi.
Questi vini si vendono bene e piacciono molto, ma la nostra attenzione non può che ricadere sulla collezione dei monovitigni Chasan, Caladoc e Marselan.
Si tratta di incroci nati da un’idea dell’enologo Paul Truel dell’Istituto della ricerca agronomica di Montpellier. A metà novecento infatti già si pensava a trovare delle soluzioni a temperature che aumentavano sempre di più e ad una costante mancanza d’acqua. Truel ha dunque pensato di incrociare il Listan, vitigno andaluso e ben resistente al calore, al Chardonnay. Il risultato fu proprio la creazione del Chasan che, nella versione di Marion, propone un bouquet complesso costituito da agrumi e frutti tropicali. In bocca però è davvero unico in quanto una nota grassa ingloba perfettamente la salinità tipica del luogo.

Sempre nella gamma dei monovitigni il rosé è vinificato da uve di Caladoc, altra invezione di Truel che corrisponde all’incrocio tra Malbec e Grenache. Vite molto resistente alla siccità e alle malattie, il Caladoc è perfetto per essere vinificato in rosé. Gli acini vengono pressati direttamente dopo la raccolta e la fermentazione avviene in tini di cemento o di acciaio, termoregolati molto attentamente. Il risultato è un gris che sprigiona aromi di agrumi e di piccoli frutti rossi e al palato è molto persistente e deciso.

Infine, il rosso della gamma dei monovitigni mette all’onore della cronaca il Marselan. Invenzione sempre di Truel, è l’incrocio del Cabernet Sauvignon e del Grenache. Marion ci ricorda con orgoglio che la sua tenuta vanta le viti più vecchie al mondo di questo vitigno, e il risultato è che il suo rosso è un bilanciamento tra la freschezza e l’intensità dei frutti neri. Niente legno in affinamento per preservare proprio queste due caratteristiche dato che il Marselan non vuole produrre vini eccessivamente alcolici o tannici.
Infine, Marion ci dice che i segreti di Cornille rappresentano l’alta gamma del Mas de Rey: in bianco un 100% Chardonnay e in rosso un blend di Syrah e Marselan. Per quanto ci riguarda e per le motivazioni espresse prima, l’alta gamma della tenuta è rappresentata proprio da quei vini elaborati a partire da vitigni insoliti. Quelli, sì, rappresentano l’eccellenza della tenuta che è visione del futuro e desiderio di distinguersi da una massa, purtroppo, sempre più omogenea di vini.