Per noi italiani la Normandia ci fa pensare essenzialmente a tre cose: Monet e il suo sole, qualche foto ricordo al Mont-Saint-Michel e lo sbarco alleato nelle sue spiagge del 1944. Chi ama la gastronomia può anche pensare a formaggi vaccini come il Camembert o il Pont l’Evêque e chi è esperto di distillati penserà allo squisito Calvados. C’è anche chi si diletta con l’architettura, e allora la Normandia potrebbe far rima con la Cattedrale di Rouen o con il nuovo centro di Le Havre, capolavoro in cemento armato di Perret che ha unito sincerità costruttiva e necessità di alloggiare migliaia di sfollati dalla guerra.
Tuttavia, sarebbero in pochi, pochissimi a pensare che la Normandia potrebbe essere una grande promessa per il vino. Invece, complice il cambiamento climatico e la curiosità umana, proprio nel Dipartimento che dà il nome al famoso distillato (Calvados) da anni si assiste ad una progressiva ripresa della viticoltura.
Guglielmo il Conquistatore beveva vino normanno alla sua corte e poi i soliti monaci hanno continuato la tradizione con i loro monasteri alla borgognona. La fillossera però, unita alle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, ha distrutto secoli di quella lotta tenace che gli uomini combattono quando devono superare i vincoli naturali. Le latitudini normanne non sono molto più a Nord di quelle della Champagne o della Mosella tedesca, ma la regione è caratterizzata dai capricci di un clima oceanico con la relativa instabilità del tempo. In poche parole, piove troppo e piove soprattutto quando non è bene che piova per la vite.
Tuttavia, una coraggiosa azienda agricola ha colto il guanto di sfida e ha iniziato a produrre, ormai da decenni, vini che interessano non solo il pubblico locale ma anche chef stellati dal calibro di Pascal Angenard. Parliamo di Les Arpents du soleil, azienda agricola che si trova a Saint-Pierre-en-Auge, a pochi chilometri a Nord di Falaise e della sua famosa sacca del 1944. La produzione dell’azienda è varia, ma il vino che più mi ha impressionato è il Pinot Nero. Non il classico piacione della Borgogna e nemmeno quello un po’ più austero dell’Alsazia o di Sancerre. No, qui il Pinot Nero assomiglia a quello tedesco, in cui anche da giovane esprime note animalesche e di muschio. Quasi a ricordarci di venire da un posto in cui il verde e il muschio sono dappertutto, finanche a pochi metri dall’Oceano. In bocca però, i suoi tannini vellutati sono così morbidi da sciogliersi in un grande sorriso di chi ha la fortuna di berlo. Non dura molto, pochissime caudalies, ma non si diceva che il fascino di alcune farfalle stia proprio nella brevità della loro vita?
Certo, non fraintendiamo: non ci troviamo di fronte ad una bottiglia da tenere necessariamente nella nostra cantina. Qui assistiamo a come l’uomo ha voluto usare la propria intelligenza per produrre la qualità anche là dove gli esperti direbbero che è impossibile. Chapeau.
Francesco Piccat, nato a Saluzzo nel 1991. Vive e lavora a Parigi. È un esperto conoscitore e degustatore dei vini francesi. Ha ottenuto la menzione distinzione al WSET 3.