Un bel pranzo tra amici, una bella tavola imbandita, tante pietanze saporite accompagnate da vini e abbinamenti appropriati, vini pregiati e spumanti. Il vino accompagna e sottolinea le particolarità dei cibi, ne esalta i sapori e rende il pasto tanto più buono quanto tali abbinamenti sono armonici. Si apprezzano le caratteristiche delle diverse etichette, i luoghi di produzione dei vini, le tecniche utilizzate, l’invecchiamento e così via. Il vino possiede dunque una sua anima, una sua individualità, una sua immagine, il pregio che gli conferisce il suo vitigno di origine, le lavorazioni, il colore e le sue sfumature, i suoi profumi e il gusto con le sue caratteristiche evocative. È un prodotto con la sua precisa personalità.
Tutto ciò oggi ci appare ovvio e scontato ma non è sempre stato così. L’idea del vino come prodotto finito è un concetto moderno ed inizia a partire dal Rinascimento quando, intorno al ‘600, si cominciano ad utilizzare le bottiglie di vetro e i tappi di sughero che consentiranno al vino di avere una vita più lunga.
Nel corso dell’alto medioevo, e per lungo periodo del basso medioevo, il vino era considerato esclusivamente come una materia prima, deteriorabile e con breve vita, qualcosa da trasformare e integrare, come renderlo più speziato, più dolce o più colorato. Il vino era solo bianco o rosso e quest’ultimo era di gran lunga il più consumato. Date le insufficienti tecniche di conservazione la sua durata era limitata, il vino giovane era più pregiato del vino vecchio.
La cucina del basso medioevale, che confluirà poi lentamente nel Rinascimento, è una cucina di trasformazione, di modifica dei cibi. Il consumo della carne è prevalente e il gusto delle pietanze è dolciastro per l’aggiunta frutta e spezie. La preponderanza del gusto dolce caratterizza anche la trasformazione del vino. Artificiosamente lo si rende più amabile e all’epoca più apprezzato.
Ma anche la vista vuole la sua parte ed il vino più è rosso e meglio è. Si aggiungono dunque bacche colorate e altre essenze, lo si rende più corposo, gli si conferisce un gusto che a volte risulta assai lontano dalla natura stessa del vino, divenendo quasi uno sciroppo aromatico.
Il vino in epoca medioevale è un prodotto transitorio, di breve durata, una materia di base. Il vino viene spesso annacquato e il vino vecchio mischiato a quello giovane per allungarne la vita. Si usano a profusione spezie, mosto cotto, cannella o chiodi di garofano, resine, essenze e frutta per conferire al vino sapori inconsueti che all’epoca sono apprezzati e richiesti. Nelle cucine basso medioevali dove i cibi vengono trasformati, prevale dunque l’artificiosità e, dove la carne viene modellata a forma di pesce o viceversa, anche il vino subisce una trasformazione radicale, è un artificio: appare ciò che non esiste e si nasconde ciò che esiste.
Tutto ciò durerà per diversi secoli, nel lungo processo storico medioevale che abbraccia mille anni per arrivare alla fine del basso medioevo e in epoca rinascimentale, quando la viticoltura vive una fase di ripresa, a seguito delle precedenti invasioni barbariche e arabe che, per motivi differenti, avevano provocato l’allontanamento dalle campagne.
Da qui si sviluppa un altro lungo processo dove i vitigni e le produzioni inizieranno pian piano una sempre più marcata differenziazione, acquistando ognuna una singola personalità. Il vino durerà più a lungo grazie alle bottiglie di vetro, i tappi di sughero ed alle sempre più affinate tecniche di vinificazione e, con il tempo, si potrà degustare definitivamente nei bicchieri di vetro, abbandonando quelli di ferro e di legno dei secoli precedenti.
Gianfranco Quartu giornalista e food blogger. Si occupa di storie di cucina, di cibo, alimentazione e food photography. Su Instagram @Cucinieremoderno