I GRANI ANTICHI: TRADIZIONE E ULTRASECOLARE SAGGEZZA IN CUCINA.

I GRANI ANTICHI: TRADIZIONE E ULTRASECOLARE SAGGEZZA IN CUCINA.

Di Rita Casu, Biologa Nutrizionista

Lo confesso, è un argomento che mi ha appassionato parecchio, tanto da essere stato oggetto della mia tesi di fine corso del Master in Medicina integrata, perché, non solo mi ha permesso di rimettere “le mani in pasta”, ma, soprattutto, perché mi ha permesso di studiare i segreti della longevità della mia sarda terra. I grani antichi sono nati insieme all’agricoltura, circa 10.000 anni fa, ed il primo grano coltivato è stato il farro monococco, che, però, presentava bassa resa nella produzione e difficoltà nella macinazione per la preparazione della farina. Si è passati, quindi, al farro dicocco, abbondantemente utilizzato nell’antica Roma, che presentava una resa migliore rispetto al precedente, ma, anche in questo caso, andava decorticato prima della macinazione. L’ultimo tipo di farro, il farro spelta, “antenato” del grano tenero, nato circa 8.000 anni fa, nella “Mezzaluna fertile” dall’incrocio tra Triticum dicoccum e la Aegilops squarrosa. Il farro spelta è la specie che più si avvicina al grano tenero, anche dal punto di vista cromosomico, presenta un’elevata quantità di fibre e un basso tenore di glutine. Per ciascun tipo di queste farine ho preparato il pane, con la stessa ricetta, quella “Pane senza impasto”. Mi sarebbe piaciuto prepararla col lievito madre, ma, in pieno periodo di lockdown, quindi, dovendoli preparare a casa, non sarei riuscita a standardizzare le condizioni di preparazione del lievito madre. Per questo motivo, per tutti ho utilizzato uguali quantità della stessa marca e tipo di lievito birra e mi sono resa conto delle differenti capacità di lievitazione dei vari tipi di farina di farro: minore nel caso del farro monococco, superiore nel dicocco e buona nel farro spelta. Quali sono gli ingredienti necessari per la preparazione del pane? Innanzitutto, la farina, la cui qualità e tipo sono fondamentali, soprattutto, nel contenuto di amido e proteine. Infatti, le farine vengono classificate in base al grado di raffinazione, dalla più raffinata a quella più integrale (Farina 00, Farina 0, Farina 1, Farina 2 e Farina integrale), oppure in base alla forza della farina, strettamente correlato al contenuto di proteine e che troviamo descritto nella seguente figura:

Il secondo ingrediente è l’acqua, che, per una buona panificazione, deve avere determinate caratteristiche: una durezza media (8-12 gradi francesi), ossia un contenuto di sali minerali, tra cui il calcio, né insufficiente, né eccessivo, perché contribuisce a formare la maglia glutinica, o proteica, che ingloba e trattiene l’anidride carbonica, dando sofficità al pane. Molto importante è anche la temperatura dell’acqua (ideale 30°C), perché fino ad un certo punto accelera la lievitazione, troppo determina l’uccisione dei lieviti, bloccando o riducendo la lievitazione. Anche il sale è un elemento importante perché, non solo migliora il sapore del pane, ma lo esalta, infatti, ne riduce l’asprezza, ne tempera la dolcezza, dando equilibrio ai sapori. Il lievito è fondamentale: l’ideale sarebbe il lievito madre, perché presenta una flora microbica più complessa, ma questo al livello industriale, non rende semplice una standardizzazione del processo, motivo per cui si preferisce, al livello industriale, l’uso del lievito di birra, anche se la lievitazione prolungata conferisce una migliore digeribilità, una migliore fragranza, una migliore conservabilità del pane e la demolizione dell’acido fitico che è un antinutriente presente nel grano e anche nella farina. L’olio d’oliva extravergine d’oliva è un ingrediente facoltativo nella preparazione del pane, però, quando è presente rende l’impasto più estensibile e più malleabile, prolunga la freschezza del prodotto finito, aumenta il valore nutritivo e rallenta l’azione del lievito, perché avvolge le cellule del lievito isolandole. Termino con due curiosità: la prima, dimostrata da diversi lavori, che riferiscono la capacità del pane prodotto da lievito madre, il quale presenta un indice glicemico più basso rispetto a quello preparato col lievito birra, dettaglio importante, soprattutto, per chi soffre di diabete, o, comunque, di alterata sensibilità al glucosio e all’insulina (Maioli M., Pes G. M., … – Sourdough-leavened bread improves postprandial glucose and insulin plasma levels in subjects with impaired glucose tollerance – Acta Diabetol DOI 10.1007/s00592-008-00292-8. La seconda è data dai risultati di un lavoro effettuato sui ratti, alimentati per 4 settimane con pane Carasau, a lievitazione naturale. Cosa si è scoperto? Innanzitutto, che presentava un basso indice glicemico, ma, quello che mi ha meravigliato è che, nonostante la doppia cottura in forno a legna, presentava un ridotto contenuto di acroleina, sostanza che si forma molto facilmente con la cottura al forno a legna, più generale, nella cottura ad alte temperature e altamente cancerogena (Abbondio M., Palomba A., … – Fecal Metaproteomic Analysis Reveals Unique Changes of the Gut Microbiome Functions After Comsumption of Sourdough Carasau Bread – Front Microbiol. 2019; 10: 1733). Che sia uno dei segreti degli ultracentenari sardi? Continuerò ad investigare.